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Quella fretta che non aiuta a capire chi sei veramente

di Alessandro Dattilo
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È passato poco più di un mese da quando abbiamo iniziato ad ampliare il numero di autori che collaborano a Business Celebrity. Nuove firme, nuove energie e bellissime storie da raccontare. Una squadra che cresce con il giusto entusiasmo e di cui siamo molto felici.

Sebbene oggi i mestieri del “personal brander” e del “business celebrity builder” siano al primo posto nella classifica Forbes delle professioni che esploderanno nei prossimi anni, il personal branding – materia sulla bocca di tutti – continua a essere tirato in ballo con un po’ di confusione. Come è accaduto a suo tempo con lo storytelling. Professionisti e imprenditori (non solo loro) subiscono la rapidità del mondo che li circonda. Di fronte a un interlocutore di lavoro, ciascuno di noi ha a disposizione solo una manciata di secondi per aiutare l’altro a farsi un’idea di chi siamo e di come potremmo diventare un ponte verso un risultato. «Ci vuole tempo e noi crediamo nella fretta» cantava Marco Mengoni, sebbene questa velocità nei rapporti mi abbia sempre un po’ spaventato.

La bellezza di un magazine dal sapore artigianale è proprio questa: misurare il percorso professionale – femminile e maschile – non verso un successo ricco di sconosciuti follower, ma nell’ambito di un contesto dove il professionista stesso venga riconosciuto come il più competente in quel preciso campo. Senza corse sfrenate, ogni giornalista si prende il tempo di raccontare una storia e un protagonista, calandosi nei panni dell’interlocutore e guardando la sua realtà con gli occhi di un brand personale.

Risfogliando “Open“, l’intenso e bellissimo libro che racconta la vita del tennista Andre Agassi, ho apprezzato ancora meglio le capacità di J.R. Moehringer, biografo ombra dello stesso campione, giornalista premio Pulitzer, romanziere. Fra le pagine di “Open” Moehringer non si limita a fare da ghostwriter, ma riesce a dare una voce ad Agassi e – come dice Alessandro Baricco – una diabolica abilità nel raccontare.

Nei rari momenti in cui dialoghiamo con noi stessi per capire chi siamo veramente e quale ruolo ci piacerebbe interpretare nel mondo, talvolta sbocciano piccoli miracoli di illuminazione. Dirigendo questo magazine mi sta capitando proprio questo: sentire che il nostro compito, di giornalisti e comunicatori, è di creare ponti e disegnare mappe. Lunga vita dunque a chi si concentra per dare il massimo in una particolare nicchia professionale. Sta a noi, alla squadra di Business Celebrity, continuare a raccontare storie, strumenti e strategie unendo i puntini e tracciando rotte. Per un cambiamento – per un nuovo posizionamento, come dicono quelli bravi – che migliorerà la professione e la qualità di vita. Che darà una nuova voce a campioni del business che continuano a restare nascosti. O poco valorizzati, per colpa della fretta.

 

Alessandro Dattilo

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