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Berlusconi: il pioniere del personal branding politico e dello storytelling

di Valentina Tafuri
Silvio Berlusconi personal branding
Costruttore, imprenditore radio-televisivo, presidente di società calcistiche, editore, politico. Sono i principali ruoli che Silvio Berlusconi ha ricoperto nella sua vita. Fattore comune: una forte personalità che ha lasciato il segno in ognuna delle attività che ha condotto.

 

Un “marchio” personale talmente potente da essere trasformato in quello che, anni fa, era un neologismo: quel “berlusconismo” che sta ad indicare una categoria di riferimento, una cultura nuova rispetto a quello che si era vissuto fino a quel momento.

Nel segno di Berlusconi si distingue innanzitutto una grandissima vis comunicativa, che si è manifestata soprattutto in seguito alla sua discesa in politica. Se da imprenditore infatti Berlusconi era noto per l’innegabile intuito, con il quale ha saputo creare aziende innovative, è la politica – grazie a una grande esposizione mediatica – che lo ha fatto conoscere alla massa, stravolgendo tutti i canoni fino ad allora conosciuti.

Trasportando nel mondo politico l’assertività e il suo essere uomo di azione, Berlusconi ha applicato alla sua esperienza politica metodi e strumenti traslati da quella imprenditoriale. Ecco che la comunicazione diventa centrale nella definizione del suo brand personale. Impossibile che non fosse così per l’uomo che, in Italia più di ogni altro, aveva fatto dell’immagine e della pubblicità il centro dei propri successi imprenditoriali, come ben evidenzia anche la tesi di laurea intitolata “Un outsider nel sistema politico italiano. Il Berlusconismo tra comunicazione politica post moderna e antipolitica populista” di Francesca Romana Tubili.

Giacca, cravatta e quel blu “di ordinanza”

Che l’immagine personale sia il primo elemento che si imprime nella mente dell’interlocutore, Berlusconi lo aveva ben chiaro. Uno dei suoi tratti distintivi, da sempre, è stata la classica eleganza di un abito sartoriale maschile e di una cravatta. Nel tempo, il colore dell’abito si è fissato in un blu notte, adottato anche per i pullover o le t-shirt che il Cavaliere indossava nelle occasioni meno formali.

I capelli sempre in ordine e tinti, un colorito “sano” e un sorriso smagliante, gli elementi distintivi dell’uomo che voleva piacere ai più.

Questa scelta si è dimostrata vincente anche durante la sua lunga vita politica. Nei confronti televisivi specialmente, anche la scelta dei colori indossati determina la diversa percezione dei diversi candidati da parte dell’elettore. Un rampante Berlusconi primeggiò, non solo per gli argomenti, sin dal primo fotogramma, su uno sbiadito Occhetto in un famoso faccia-a-faccia televisivo. I capelli sempre in ordine e tinti, un colorito “sano” e un sorriso smagliante, gli elementi distintivi dell’uomo che voleva piacere ai più.

Ma dietro l’immagine, la sostanza

Il politico Berlusconi poteva contare sulla testimonianza di floride aziende per dimostrare le proprie doti di “condottiero” che avrebbe potuto guidare il Paese verso la contemporaneità. Questo è stato fondamentale per alimentare la sua autorevolezza anche come politico. E questa “sostanza” è l’elemento imprescindibile di ogni attività di personal branding: la credibilità di un marchio, anche personale, si fonda su elementi come competenza, professionalità, conoscenza profonda del proprio settore di riferimento, oltre che carisma e capacità di trasmettere la propria passione e il proprio sapere.

La capacità comunicativa di Berlusconi risiedeva nel suo essere diretto e comprensibile.

I fatti, dimostravano che lui aveva tutte queste caratteristiche. Nel 1994, il Cavaliere rispose a un bisogno preciso degli italiani: quello di una classe politica che ne comprendesse le esigenze e che parlasse la sua stessa lingua.

E la capacità comunicativa di Berlusconi risiedeva proprio in questo: nel suo essere diretto e comprensibile. Nel parlare al cuore della gente toccando argomenti che lui sapeva essere fondamentali (tasse, lavoro, famiglia) e lo ha fatto con quello stile spontaneo, empatico, ironico, eppure rassicurante che lui sapeva che la gente avrebbe apprezzato. Ma come faceva a saperlo? Non dimentichiamo che Berlusconi veniva dal mondo delle emittenti televisive, dove i sondaggi al servizio del marketing sono pane quotidiano.

Ebbene, egli applicò i principi del marketing anche alla sua “impresa” politica: quando decise di fondare Forza Italia, lo fece anche sulla scorta di sondaggi che andavano a scavare dentro i “desiderata” della gente, restituendogli il polso della situazione, soprattutto emotiva, di un campione significativo di popolazione italiana. Su questa base di conoscenza, ha tarato il programma del partito e tutta la sua campagna elettorale, definendo la sua promessa al mercato.

L’uomo al centro

Il partito personale beneficia anche dell’immagine del suo leader. È lui ad apparire negli spot pubblicitari dove, seduto alla sua scrivania, abbozza quello che poi sarà il “contratto con gli italiani” che firmerà, ospite di Bruno Vespa, dando la sensazione al suo elettorato di essere davvero seduti insieme allo stesso tavolo.

È lui a veicolare frasi a effetto, slogan pubblicitari che diventano il suo “marchio di fabbrica”. Ed è la sua gestualità diretta e pregna di significati a veicolare il messaggio, in ogni circostanza, insieme alle parole. Come quando in una famosa lite, ospite di Michele Santoro, spolverò la sedia dove era seduto Marco Travaglio, prima di sedervisi, con un sorriso beffardo che stemperò la tensione e dimostrò tutto il suo “mestiere” di navigato homo televisivus.

È stato, quello di Berlusconi, il primo esempio di storytelling, per dirla con un’espressione oggi molto in voga, nuovo. Il racconto del politico-imprenditore, del self-made-man che tutto può grazie alle sue capacità, che incarna l’ideale del “miracolo italiano”. Una possente operazione di personal branding che poggia anche sull’essere sé stessi. Quanto ci fosse di studiato e quanto di veramente personale nel modo di essere di Berlusconi non lo sapremo mai: ma i racconti di chi lo ha conosciuto fanno pendere la bilancia verso la spontaneità. Magari anche studiata, ma talmente introiettata – e sostenuta da una reale attenzione all’interlocutore – al punto da rendere il Cavaliere il campione di una delle “regole” principe del personal branding: essere sempre sé stessi e imparare a comunicarlo nel mondo corretto.

 

Valentina Tafuri

Photo cover (Creative Commons): Agência Brasil / Ricardo Stuckert/PR

 

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