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Veronica Bonanomi: «Creatività e ingegneria sono due facce della stessa medaglia»

di Alessandro Dattilo
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Nel mondo in costante cambiamento della Health, Safety, and Environment (HSE), l’esperta dell’Imagineering Veronica Bonanomi ci spiega il ruolo dell’HSE Manager e il suo approccio unico come ingegnere dell’immaginazione.

 

Da perito chimico e ambientale al mondo HSE, Veronica Bonanomi racconta il percorso formativo e professionale. Approfondiamo il suo ruolo di manager, basato sul connubio tra competenze tecniche e creatività, con una particolare attenzione al personal branding.

Partiamo dallo scenario aziendale, che lei conosce molto bene: qual è in questo momento il grande tema in chiave HSE? Quali sono le sfide a cui vanno incontro le nostre imprese, dalle PMI fino alle grandi multinazionali?

Questo momento storico, per i temi HSE, è di grande cambiamento: non solo usciamo da un momento pandemico che ha ribaltato alcune priorità in termini di salute e sicurezza, ma siamo anche nel pieno di un cambiamento climatico, una rivoluzione tecnologica e di gestione di rischi emergenti che creano un contesto completamente nuovo e al quale le organizzazioni sono tenute a confrontarsi.

La pandemia ha mostrato l’inefficacia di alcuni modelli di business e la necessità di nuove forme di lavoro: sia in termini organizzativi, il lavoro agile, sia in termini di soddisfazione valoriale, la salute mentale e il benessere dei dipendenti. La rivoluzione tecnologica in atto inoltre ha messo in risalto la necessità sempre più crescente di competenze tecnologiche e di formazione interattiva ed efficace, sottolineando sempre di più anche che la forza lavoro sta invecchiando. Questo pone nuove sfide alle organizzazioni anche per adottare nuove politiche e procedure di salute e sicurezza.

Che ruolo ricopre un HSE Manager e quali competenze deve possedere?

Il ruolo dell’HSE Manager è un ruolo chiave all’interno di un’organizzazione, è responsabile di garantire, al fianco e per conto del datore di lavoro e del top management, la prevenzione di incidenti, proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori e ridurre l’impatto ambientale delle operazioni aziendali e di tutta la gestione ambientale come ad esempio il monitoraggio delle emissioni e dei rifiuti.

Data l’ampiezza dell’impatto del suo lavoro, le competenze richieste sono ampie anch’esse e vanno da quelle normative di settore e tecniche specifiche per la valutazione e gestione dei rischi fino alle competenze relazionali e comportamentali come la comunicazione efficace, la leadership, la negoziazione, la gestione dei gruppi, la capacità di risolvere problemi e gestire situazioni di emergenza, la conoscenza di meccanismi di influenzamento sociale e l’etica professionale.

Parliamo di lei. Quali sono le tappe principali del suo percorso formativo e professionale?

Personalmente il mio percorso è partito dalle basi tecniche, ho studiato come perito chimico ambientale e ingegnere per l’ambiente ed il territorio, lavorando presso impianti e laboratori ma sono sempre stata affascinata dal lato umano e comportamentale degli aspetti legati al mondo salute e sicurezza. Ho approfondito questo lato dell’HSE aumentando i miei studi e le competenze grazie a due master conseguiti in IULM legati al mondo della comunicazione, delle risorse umane e delle scienze comportamentali. Grazie alle attività di consulenza e soprattutto di formazione in aula ed a contatto diretto coi lavoratori, ho potuto coniugare gli studi e sperimentare in concreto gli strumenti di gestione del cambiamento ed economia comportamentale.

Nel suo profilo riporta un proverbio cinese che dice: «Quando soffia il vento del cambiamento alcuni alzano muri, altri, invece, costruiscono mulini a vento». Perché si definisce “Ingegnere dell’Immaginazione” e in cosa si distingue dagli altri ingegneri ambientali?

In realtà ho voluto sottolineare, più che distinguere, che l’essere ingegnere non preclude, come nella comune accezione della professione, la capacità immaginifica e creativa innata dell’essere umano, anzi. Credo profondamente che, a maggior ragione quando si ha a che fare con mondi e sistemi complessi come quello del lavoro ma soprattutto con le interazioni tra contesto e persone, si debbano liberare fantasia e inventiva per poter costruire qualcosa; e anche, contro la comune convinzione che, la creatività, sia destrutturata, poco ingegneristica, quando invece, per liberarla nella sua massima espressività ha proprio bisogno di ordine e precisione.

Come gestisce il suo brand personale di manager e che rapporto ha con web e social media?

Il “brand” di manager non mi piace come espressione, credo che un brand, per essere tale e di successo debba avere delle basi solide, non basta un nome o l’immagine, proprio come per essere un buon manager non basta una bella faccia e un titolo. Ho voluto rendere evidente le mie caratteristiche tipo e mettere in risalto le mie competenze che rendono di me una professionista del settore tecnica e creativa ed uso il web e i social come mezzo per condividere contenuti e riflessioni che possano essere utili e di ispirazione per i colleghi e per chiunque sia appassionato di tutela delle persone.

Qual è il suo approccio quando deve parlare in pubblico o di fronte a una telecamera?

Mi piace parlare in pubblico, mi ci trovo a mio agio perché credo profondamente che quando ci mettiamo in confronto con gli altri, esponiamo le nostre idee e cerchiamo un punto di vista comune ne usciamo sempre arricchiti. Parlare in pubblico può essere più facile per alcuni tipi di personalità ma servono sempre degli strumenti di tecnica per aumentare l’efficacia della trasmissione dei messaggi che si vogliono comunicare e tanto, tanto allenamento!

Ha mai scritto o pensato di scrivere un libro sul suo argomento? Un podcast o un contenuto particolare?

In realtà si, me l’hanno anche proposto, ma un libro è una cosa seria e richiede tempo e impegno totale e quindi è un progetto ancora un po’ in standby; nel frattempo ho creato una trasmissione tipo podcast ma interattiva che si chiama BeSafe; siamo alla quarta stagione e ha raggiunto un discreto successo pur restando nella cerchia della famiglia professionale. Ne sono molto orgogliosa in quanto mi permette di accrescere il network tra persone che sono di ispirazione per il nostro lavoro quotidiano e ci da nuova forza ed energia da portare nelle aziende ogni giorno.

Cosa pensa dell’utilità di un ufficio stampa e del rapporto con i media?

Penso siano assolutamente necessari, soprattutto quando si ha qualcosa di veramente importante da divulgare come, nel nostro caso, il valore della sicurezza che è il valore della vita.

Quanto è importante secondo lei accostare un volto alle tematiche della HSE?

Bè si sa che il nostro cervello predilige messaggi semplici e visivi ed associa alle immagini emozioni e stati d’animo, quindi credo che dare volto a chi dell’HSE ne fa la propria missione e riesce a comunicare con passione il proprio mestiere sia fondamentale sia per sè e per richiamare queste caratteristiche sia in chi invece osserva.

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Che consigli darebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua stessa strada? E a un ingegnere che volesse migliorare il proprio brand personale?

La bellezza che c’è nella sicurezza si nasconde nelle piccole cose quotidiane. Permea ogni ambito della nostra vita professionale e privata e se esplorato con passione ed attenzione garantisce una crescita personale ed umana incredibile; per i giovani occuparsi di sicurezza è un atto di ribellione, di rivoluzione, un modo per lasciare la propria impronta nel mondo e dare voce e contributo alle vite altrui veramente importante.

Alle ingegnere e agli ingegneri dico solo questo: ribellatevi alle etichette, soprattutto quelle che vi vedono come affossatori di creatività e immaginazione. Siamo umanamente predisposti all’ingegno e quindi diventate Ingegneri dell’immaginazione: usate tutto il vostro studio e sapere scientifico al servizio dell’immaginario collettivo, date vita a progetti che rispondano alle necessità economiche e sociali utilizzando anche la vostra fantasia, invenzione e creatività per immaginari scenari futuri di una vita migliore.

 

Alessandro Dattilo

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