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Luca Parenti: «Un programma tv è come un brand personale: riconoscibile ed emozionante»

di Mariateresa Totaro
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Ha appena pubblicato un libro sulla “scaletta perfetta”. Da due anni Luca Parenti è uno degli autori di “È sempre mezzogiorno”, in onda su Rai 1 e condotto da Antonella Clerici. Nella sua carriera ha firmato decine e decine di programmi tv come Ballando con le Stelle, il Festival di Sanremo, Tale e Quale Show, Stasera CasaMika, ma anche documentari per Rai Storia, Battiti Live, The Voice, Così lontani, così vicini.

Un programma diventa brand quando, a prescindere dai contenuti delle sue puntate o della sua conduzione, è definito in modo unico per caratteristiche, valori e tono.


Edito da Dino Audino, è appena uscito il suo primo libro: “Scrivere la scaletta perfetta – Come progettare e strutturare l’intrattenimento tv”. Com’è cambiata la televisione negli ultimi trent’anni? 

Molti anni fa c’erano i maestri. Non che s’impegnassero nella tua formazione, ma c’erano. Per entrare nella “stanza autori” si bussava, era il luogo sacro della produzione; gli autori erano guardati con ammirazione, e da ogni loro decisione o scelta si poteva imparare qualcosa. Oggi non c’è più tempo. L’arrivo dei format e la necessità di contenere tempi e costi obbliga a scegliere autori giovani, che costano meno di quelli d’esperienza. E poi è tutto più veloce, meno ragionato, meno provato. Per questo a volte si “fa prima” ad adattare un format straniero invece di investire, tempo e denaro, sulle nuove idee. Senza considerare che la mancanza d’esperienza degli autori spesso provoca costi più alti e mancanza di fidelizzazione, abitudine d’ascolto, affezione del pubblico verso il programma televisivo.

Parla del programma televisivo come fosse un brand…

Esattamente. Negli ultimi trent’anni il marketing e la comunicazione hanno iniziato a focalizzarsi non solo sui prodotti ma anche sull’azienda che li produce, considerando elementi come il nome, lo slogan, il logo, la storia e la reputazione. La combinazione di questi elementi è il brand e racchiude in sé valori caldi, emotivi, che differenziano dai competitori e stabiliscono, in modo quasi indissolubile, un rapporto con il proprio pubblico di riferimento. I programmi televisivi, come i prodotti, devono diventare brand nel senso di poter generare nel pubblico una qualità emotiva, alta, intangibile ma forte che ne certifichi il valore.

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Se sull’insegna di un barbiere per strada leggiamo la scritta “dal 1956” pensiamo immediatamente che i professionisti di quel salone hanno esperienza, si tramandano il mestiere da molti anni, magari di padre in figlio e con un codice di valori profondi, di onestà, devozione al lavoro. Una semplice scritta sull’insegna comunica più di quanto appare. L’insegna dell’attività, nel parallelo televisivo, è rappresentata dalla Rete. Molto spesso riusciamo infatti a riconoscere, anche senza vederne il loghino in un angolo dello schermo, se ciò che stiamo guardando è su RaiUno o Canale 5, su un canale generalista o su un OTT (tutti gli streaming come Netflix, Amazon Prime, Disney Plus). Questo perché ciascuna rete ha una sua storia, una caratteristica unica; e i prodotti che mette in onda sono diversi rispetto alle altre.

Un canale quindi deve mantenere una certa coerenza e lavorare molto al proprio personal brand…

Basti pensare a quante volte accade che prodotti non coerenti con la linea della rete vengano – se non rifiutati – percepiti in modo quasi fastidioso, discrepante, dal pubblico televisivo fino ad essere chiusi. Le reti televisive, se ben posizionate nella loro linea editoriale, sono brand a tutti gli effetti. Così come lo sono i “personaggi di rete”. Incontrare Carlo Conti significa immediatamente essere su RaiUno. Se vediamo Gerry Scotti riconosciamo Canale 5. A volte, prima ancora di decidere se seguire o no un programma, vedere un volto noto alla conduzione ci assicura sulle aspettative. In questo caso il conduttore è il brand che cede al programma i propri valori.

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Ad esempio cosa accade quando c’è un conduttore con un personal brand fortissimo come quello di Fiorello?

Fiorello oggi è un brand forte, garante di qualità e intrattenimento di primissimo valore. Qualunque sia il programma che lo “contenga”, immediatamente ci si aspetta di ridere, d’essere intrattenuti con eleganza, di assistere a uno spettacolo unico, irripetibile, a un evento.

Ma come è possibile rendere brand un programma televisivo? 

Un programma diventa brand quando, a prescindere dai contenuti delle sue puntate o della sua conduzione, è definito in modo unico per caratteristiche, valori e tono. L’esempio perfetto è “Striscia la notizia”. Già solamente il titolo evoca perfettamente il senso del programma. Vale anche per “Chi l’ha visto”, “Domenica In”, “Sanremo”, o per tantissimi altri. In fondo un buon programma televisivo è quello che, dopo essere andato in onda, diventa brand, diventa riconoscibile per valori e significato emotivo.

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Fulvio Marino, Luca Parenti, LucaTiberio e Gioia Vigliaroli

Perché secondo lei un buon programma per essere tale deve avere una scaletta perfetta?

La scaletta custodisce in sé tutti gli elementi dell’idea del programma televisivo che quindi viene concretizzata, strutturata, resa reale proprio attraverso la sequenza dei punti di scaletta. La scaletta è dunque l’elemento fondamentale della costruzione del programma televisivo. Scrivere un programma televisivo non è facile, ci sono regole che nessuno insegna, e soprattutto quando le intuisci e le impari dopo anni di lavoro, capisci che la regola principale è quella di stravolgerle. Ripercorrendo la mia esperienza, nel libro ho cercato di raccontare cosa è la scaletta televisiva arrivando a capire quali caratteristiche possa avere la migliore scaletta possibile: la scaletta perfetta.

 

Mariateresa Totaro

Photo Cover: iStock.com/metamorworks

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