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Simone Colombo: «Porto nelle PMI la filosofia del personal branding»

di Carola Porcella
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Prima ha lavorato sul proprio posizionamento, trasformandosi da generico consulente del lavoro a HR manager in outsourcing. Poi ha iniziato a trasferire questa visione strategica alle piccole e medie imprese sue clienti, aiutando imprenditori, manager e dipendenti a integrare il loro brand con quello aziendale.

«Il ruolo canonico del consulente del lavoro che si occupa solo di cedolini, pratiche di assunzione o licenziamento mi è sempre stato stretto. Ho pensato che il mio lavoro a supporto delle aziende non fosse fatto solo di norme, disposizioni, atti amministrativi, ma soprattutto di ascolto dei bisogni degli imprenditori e di soluzioni per una efficace gestione del personale».

Dalla sua nuova sede nel cuore di Milano (a 300 metri da piazza del Duomo), Simone Colombo continua a sviluppare competenze nel settore HR che vanno dalla selezione del personale ai piani di total reward fino all’employer branding. Nel frattempo è stato invitato a intervenire come relatore esperto a un convegno sullo smart working (organizzato con lo Studio Ichino) e a un corso sul personal branding tenuto in Università Cattolica con l’Associazione Piccole e Medie Industrie. Da questo mix – a cui va aggiunta l’esperienza di marketing, altra sua grande passione – è nato il metodo che gli ha permesso di distinguersi sul mercato come Employee Caring Strategist.

Il ruolo del Fractional HR Manager e dell’Employee Caring Strategist

Fare personal branding con il supporto di professionisti del settore è un allenamento continuo che ti spinge a pensare e ripensare al tuo lavoro. Nel caso di Simone è servito a chiarire i propri obiettivi, raggiungendo risultati in tempi brevi: Corriere della Sera e Venerdì di Repubblica, La Stampa e Famiglia Cristiana, Donna Moderna e Vanity Fair sono fra le testate giornalistiche che hanno pubblicato articoli e interviste su di lui. «Avevo in mente di realizzare la strategia più adatta per il business delle imprese a partire dalle persone, così da trovare la loro specializzazione e ciò che li rende unici sul mercato. Oggi gli imprenditori si rivolgono a me, in qualità di Employee Caring Strategist, quando devono definire strategie di employee caring, necessarie ad attrarre le persone giuste e raggiungere risultati eccellenti. Per questo non mi considero un semplice consulente ma un ‘Fractional Manager’, un professionista che opera all’interno dell’azienda per qualche ora a settimana, vivendo e risolvendo i problemi quotidiani legati alla gestione del personale».

Il modo migliore per sviluppare le organizzazioni? Per Colombo è quello di gestire le persone attraverso l’ascolto e il prendersi cura di loro, facendo emergere il talento di ogni collaboratore e sviluppando politiche di retention efficaci. «Non ha senso cercare talenti se poi non li possiamo trattenere: la leva economica, un tempo funzionale, oggi non è più sufficiente. Le persone sono mosse dalle emozioni, ecco perché è sempre più importante pensare in ottica di caring. Quando sentono che l’azienda si prende cura di loro, dipendenti e collaboratori restituiscono».

L’arrivo dell’era Smart Working

La crescita del lavoro a distanza sta influenzando l’attività degli HR che devono affrontare la sfida di far fiorire le relazioni tra il personale in luoghi in cui non si può più godere del contatto umano quotidiano. Processi, tecnologie e abitudini devono essere aggiornati per garantire lo stesso livello di coinvolgimento e produttività ed evitare la perdita del clima aziendale costruito negli anni.

«Da quando è ‘scoppiata’ la pandemia il nostro lavoro è aumentato. Nel ridefinire spazi e luoghi professionali abbiamo acquisito nuovi strumenti utili a gestire e organizzare le attività. Ma per evitare burnout o situazioni di “connessione h24″ è necessaria un’etichetta di comportamento che regoli lo smart working. È compito dei responsabili garantire un microsistema aziendale che comprenda rapporti sociali sani, anche se le persone operano da remoto. I nuovi metodi di misurazione del lavoro come gli OKR (objective and key result) servono proprio a sviluppare una buona comunicazione interna, un clima di fiducia e un allineamento delle varie task».

La figura del team leader oggi

Secondo Simone, per instaurare una relazione forte con i dipendenti è necessario poter contare su un Team Leader capace di considerare sé stesso un Personal Brand e i propri collaboratori importanti quanto i clienti. Unendo così le teorie del marketing a quelle delle risorse umane è possibile valorizzare il brand aziendale e migliorare le prestazioni lavorative.

«Per fare la differenza come leader della propria azienda occorre avere una vision chiara, un’idea precisa di che genere di impronta lasceremo nel mondo: per questo occorre fare leva sui valori, trasmettendoli all’interno e comunicandoli all’esterno. Un’impresa deve essere in grado di raccontare una storia, un senso e una direzione, essere coerente a livello di identità. La domanda è: Cosa sappiamo fare meglio degli altri? Cosa ci permette di essere riconosciuti e riconoscibili?».

Per guidare la propria azienda al successo e generare un impatto significativo sul proprio business nel futuro occorre trovare una chiave che valorizzi le eccellenze in termini di valori, dinamiche e persone: «È fondamentale – prosegue Colombo – trasmettere l’emotività dell’azienda e creare relazioni con l’audience. Ciò di cui abbiamo più bisogno oggi è sicurezza rispetto al futuro. Il tema importante a livello aziendale è la definizione di un’identità forte di brand, come di un luogo sicuro per i collaboratori».

L’importanza del personal branding per i dipendenti

Poter contare su un chiaro personal brand consente anche al singolo dipendente di mostrare in modo efficace le proprie capacità e qualità, così da diventare importante e diverso dagli altri.

In un mondo competitivo, saper rendere ben noto il proprio valore rispetto alla concorrenza è un asset strategico.

«Ogni persona che fa parte di un’organizzazione è un potenziale touch point con il mondo esterno e questo nell’era social è portato all’ennesima potenza. Ognuno può diventare un canale di visibilità dell’azienda, un veicolo per la brand awareness e la brand reputation. Ecco perché sempre più spesso in cima alla lista dei “to do” di chi si occupa di employer branding c’è l’integrazione e l’applicazione del personal branding all’organizzazione».

Nascono così vere e proprie figure professionali legate a questo ruolo. Basti pensare al Brand Ambassador. «Si sente parlare molto di questa figura: si tratta di dipendenti in grado di comunicare efficacemente i valori aziendali, di fornire uno sguardo dall’interno su processi, iniziative ed eventi aziendali, con l’obiettivo di attrarre talenti e consumatori».

Tuttavia lasciare i dipendenti liberi di comunicare ciò che vogliono a nome dell’azienda può essere percepito come un rischio dall’imprenditore. Per questo esiste il ruolo di Simone. «Chi si occupa di Employer Branding sa, infatti, quanto sia importante definire delle linee guida rispetto a ciò che è possibile comunicare dell’azienda e alle modalità con cui farlo. L’idea è di riuscire a bilanciare le esigenze delle persone con quelle dell’azienda, coinvolgendo gli employees in un’attività di comunicazione più strutturata».

Candidatura efficace? Ecco tre consigli

Candidarsi è uno dei metodi più diffusi per presentarsi nel mondo del lavoro, soprattutto attraverso la stesura di un curriculum attraente, chiaro e memorabile, in grado di mostrare al potenziale datore di lavoro tutte le competenze, l’esperienza e la volontà che caratterizzano il candidato. D’altronde, trovare le parole e il modo giusto per parlare di sé è da sempre considerato come una delle sfide più difficili nella ricerca di un lavoro. Oltretutto per catturare l’attenzione si hanno a disposizione solo pochi secondi.

Ecco i consigli di Simone Colombo per rendere la vostra candidatura efficace.

  • Un candidato deve chiarire e spiegare i propri percorsi lavorativi che non sono date e job title in sequenza, ma sono esperienze positive e negative che hanno delineato un percorso. È dalla risposta ai vari cambiamenti che si possono evidenziare alcuni lati del carattere o della personalità del candidato. Migliorare le competenze tecniche è più semplice che modificare o allenare le soft skills, ma sono queste ultime che fanno la differenza.
  • Occorre definire i propri valori e scegliere l’azienda che li aiuti a svilupparli: questo perché il mondo del lavoro sta diventando più complesso e spesso sono i team a fare la differenza, non più i singoli manager. La motivazione sarà il primo driver per lo sviluppo professionale e della propria carriera.
  • Saper gestire il brand personale, curando i profili social e mostrando le proprie opinioni permette una visibilità migliore e probabilmente maggiori opportunità di essere cercato. Presentare noi stessi e i nostri lavori sarà il punto di partenza per far sì che le aziende ci trovino con maggiore facilità.

 

Carola Porcella

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