Violinista appena ventenne, è colui che “fece l’impresa” di riportare in Italia, dopo 24 anni, l’ambito e prestigioso premio Paganini: per questo è stato ricevuto al Quirinale dal presidente Mattarella. Annotate il nome di Giuseppe Gibboni: sentirete ancora parlare di lui.
Sto cercando di dare un’immagine quanto più limpida e sincera di quello che sono
Come si arriva a vincere un premio così importante?
Provengo da una famiglia di musicisti. Mio padre è anche lui un violinista, mia madre pianista, anche le mie sorelle sono musiciste. Ho iniziato a studiare da piccolissimo, prima a Salerno (è originario di Campagna, in provincia di Salerno – NdR), poi a Cremona con Salvatore Accardo, poi in Austria. Dietro a questo risultato ci sono tanto studio e tanta disciplina. Ho iniziato a studiare un anno prima del concorso, per sei ore al giorno, tutti i giorni.
Vincere un premio come il Paganini è sempre stato un mio sogno perché garantisce di poter intraprendere la carriera concertistica, è il premio più importante al mondo e sono molto orgoglioso e felice.
Questa vittoria le ha già aperto qualche porta importante?
Ho già ricevuto molte proposte per tenere concerti sia per il 2022 che per il 2023. Suonare con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia all’Auditorium Parco della Musica è stato fondamentale e per me una sorpresa inaspettata a solo una settimana dal riconoscimento ricevuto. Santa Cecilia è una delle istituzioni più importanti al mondo.
Che emozione è stata?
Immensa, un traguardo importante per me, in una cornice prestigiosissima. Poi, altrettanto imprevista, è stata la telefonata per l’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. All’inizio ho pensato ad uno scherzo, non riuscivo a crederci. È stato un grande onore.
Il suo sogno più grande?
Spero di poter continuare a suonare ed esibirmi con le più importanti istituzioni in Italia e all’estero. Il mio obiettivo principale è la carriera concertistica.
Ha mai pensato ad un piano B? Chiediamo un po’ provocatoriamente.
Sinceramente no – sorride – Ci sono stati momenti difficili ma la musica è sempre stata una costante della mia vita e ciò che mi ha dato sempre la forza di continuare.
Cosa si prova a essere intervistato dai media? Che rapporto ha con la notorietà?
La popolarità nel mio ambiente e in quello della musica classica più in generale è un po’ settoriale. Per me è sicuramente una grande soddisfazione ricevere attestati di stima da parte di grandi musicisti. Sono stato lusingato di poter essere ospite nella casa del grande maestro Uto Ughi, ad esempio e trascorrere un pomeriggio con lui.
Ci sono anche musicisti classici che hanno un approccio da rockstar però.
Certo, questo fa bene alla musica. Per quello è importante avere un’immagine completa e coordinata anche a livello di social network. Oggi svolgono un ruolo fondamentale. Sto lavorando su questo aspetto ma sono ancora po’ pigro.
Quale tipo di comunicazione personale è maggiormente nelle sue “corde”?
Onestamente devo imparare ancora tanto sotto questo aspetto. Sto cercando di dare un’immagine quanto più limpida e sincera di quello che sono, un’immagine vera di quello che faccio perché credo che le persone percepiscano ed apprezzino l’autenticità.
Forse il social con cui mi trovo meglio è Instagram. Poi ho un ufficio stampa, che è fondamentale perché non siamo più agli inizi del ‘900, quando i concertisti dovevano suonare e basta. Bisogna essere imprenditori di sé stessi e l’ufficio stampa mi coadiuva nelle attività di comunicazione.
Come sta gestendo l’aumento della popolarità del suo brand personale anche in virtù della vittoria del Premio Paganini?
Sono grandissime emozioni ed opportunità che sto cercando di gestire rimanendo me stesso. Un po’ la mia vita è cambiata, è ovvio ma è fondamentale conservare la mia normalità ed il mio rigore, per avere quella costanza quotidiana con lo studio che non dovrebbe mai mancare. Ci vuole molta disciplina e il fatto di avere un ufficio stampa, ad esempio, mi consente di gestire le pubbliche relazioni senza distrarmi dal mio dovere di mantenere il rigore e la pratica quotidiana, necessari per suonare ad alti livelli.