Il modo migliore per entrare in una mente non è affatto con le parole.
Il modo migliore per entrare in una mente è con le immagini.
Quando pensi a una Coca-Cola, ti verrà in mente una lattina rossa o la classica Contour Bottle, “Bottiglia Contorno”, la cui forma sinuosa fu ispirata dall’attrice Mae West, star del musical degli inizi del ‘900 e sex simbol ante litteram. Se pensi alla Birra Corona, vedrai inevitabilmente una fettina di limone infilata nella bottiglia, simbolo di autentica birra messicana. Possiamo pensare al nastro rosa che ha reso Susan G. Komen Cancer Foundation la più grande fondazione senza scopo di lucro per combattere il cancro al seno. O alle suole rosse che hanno reso Christian Louboutin il principale marchio di scarpe di lusso. O al calice che ha reso la Stella Artois tra le birre più vendute al mondo.
Fra le regole di base nella creazione del proprio brand personale, la ricerca di un attributo (di contenuto) è forse la modalità più semplice di posizionamento: talvolta avviene in modo inconsapevole, ma spesso può essere anche orientata. L’obiettivo di un attributo (che racconti una tua competenza) è individuare una caratteristica distintiva. Qualche esempio? “Il più veloce a fornire una risposta”, “Il più informato”, “Il più strategico”, “La persona più motivante”, “Il più appassionato”, “Il primo”.
Da decenni gli esperti di marketing tradizionale hanno costruito la fortuna di grandi marchi intorno a un’immagine vincente. Pensa alla mela di Apple: un flash visivo che non ha bisogno di sotto-testo per distinguersi.
Così come il logo è il primo elemento dal quale partire per costruire un’identità aziendale, così il visual hammer per una singola celebrità sarà rappresentato da un oggetto, un accessorio o un capo d’abbigliamento che aiuterà il pubblico ad agganciarsi emozionalmente con l’identità pubblica di una persona.
Lo sanno bene anche gli artisti dello spettacolo (rapper, musicisti, deejay) che utilizzano pettinature, oggetti e altri “martelli” per sfondare il muro dell’indifferenza e della conoscenza superficiale. Questa categoria di persone, però, gode del privilegio di avere una grande esposizione mediatica: pensate al Divin Codino (Roberto Baggio) o a Jovanotti, che continua a distanza di anni a indossare il suo cappellino da rapper. Su tutt’altri fronti, stessa cosa capitava al compianto Philippe Daverio, entrato nella nostra mente non solo per la sua cultura e per l’enorme competenza da critico d’arte, ma anche per i papillon colorati e sgargianti, che esponeva regolarmente insieme ai suoi abiti d’altri tempi.
Visual Hammer per creare un ancoraggio emozionale
Cos’avevano in comune Steve Jobs e Sergio Marchionne? E Alfio Bardolla? La risposta non è difficile: il maglione girocollo! Di colore nero per il fondatore della Apple, blu scuro per l’amministratore delegato della Fiat, arancione per il più famoso tra i financial coach italiani.
Non sono gli unici, nella cerchia dei personaggi pubblici, ad aver scelto un capo d’abbigliamento come strumento di riconoscimento visivo per rinforzare il proprio personal brand. Pensa alle felpe di Matteo Salvini, con un messaggio diverso a seconda del contesto. O ad accessori di supporto, come gli occhialini colorati del giornalista Giampiero Mughini o agli orologi sopra il polsino dell’avvocato Gianni Agnelli (L. Leroy in oro giallo o Rolex Daytona).
“Martelli visivi” – visual hammer, appunto – in un’epoca dove l’immagine è una componente centrale della comunicazione. E dove la connessione emozionale con un brand avviene anche grazie a un posizionamento figurativo nella mente del proprio target. Senza dimenticare che il livello di attenzione è sempre più basso: oggi, nella veloce epoca degli smartphone e del digitale, ci rimangono pochi secondi per catturare lo sguardo dei tuoi clienti e convincere il loro cervello a dedicarti un secondo per scoprire cosa hai da dire.
A coniare l’evocativo termine “Visual Hammer” è stata Laura Ries (figlia di Al Ries, pubblicitario statunitense che, assieme a Jack Trout, ha rivoluzionato il marketing a partire dagli anni ’70). Nel suo libro «Visual Hammer: Nail your brand into the mind with the emotional power of a visual» l’autrice ci spiega come un elemento visivo andrà a fissarsi nella mente delle persone. Assumendo i connotati di uno strumento che agisce e ci permette di instillare un’idea come un chiodo nella parete bianca di un appartamento.
Baggio e Tamberi
Per quanto ti riguarda, dovresti scegliere un visual hammer utile (possibilmente inedito) per diventare riconoscibile dal pubblico del tuo settore. Potrà essere un oggetto o un capo d’abbigliamento coerente con la cultura d’appartenenza e che racconti qualcosa della tua identità professionale.
Roberto Baggio, con il suo codino selvaggio, intendeva comunicare al pubblico un elemento della sua personalità. Molti gli “contestavano” l’incoerenza di essere contemporaneamente buddista e amante della caccia. In campo però era soprattutto geniale e creativo.
Il codino, dunque, era un modo per dimostrare il suo essere “selvaggio” senza per questo snaturare il carattere timido e riservato.
Restando in ambito sportivo, c’è poi l’esempio di Gianmarco Tamberi, 28 anni, primatista italiano di salto in alto, oltre che campione mondiale indoor a Portland 2016 e campione europeo ad Amsterdam 2016. Gianmarco è un ragazzo vivace e intelligente, che si fa notare in gara sia per i record battuti che per i comportamenti al limite tra lo stravagante e l’anticonformista.
Cominciamo da quella “barba a metà” che lo ha reso popolarissimo anche sui social network: #HalfShaved è diventato infatti un hashtag su Twitter, sempre più virale. Più che una scaramanzia, presentarsi in pedana con il viso rasato solo da una parte rappresenta – parole sue – il rito mentale personale, l’aggancio che gli dà la carica e gli ricorda la potenza espressa in quella famosa gara del 2012, a Bressanone, nella quale con la barba su una guancia sola Gianmarco migliorò il personale di undici centimetri (da 2.14 a 2.25) e da lì non la abbandonò più.
Ma lui non è solo barba a metà. L’Half-Beard (come è stata ribattezzata dai media internazionali) non è l’unica trovata di Tamberi, pifferaio magico capace d’incantare intere platee con la sua energia. Agli Europei all’aperto di Helsinki 2012 si presentò con una folta chioma tinta d’azzurro. E dopo aver trionfato negli Assoluti di Bressanone dello stesso anno con un volo a 2.31, chiese ai giudici di posizionare l’asticella a quota 2.46 (un centimetro più su del record del mondo di Sotomayor) per poi lanciarsi direttamente alla Superman sotto l’asticella stessa, esibendosi in un’acrobatica capriola sul materasso e suscitando l’ilarità generale.
La penna nel taschino
Anni fa, quando ho cominciato a fare il giornalista, in redazione con me (lavoravo per il telegiornale di una tv locale) c’era un ragazzo mio coetaneo che ogni tanto, anche lui, conduceva il notiziario (piccoli Mentana crescevano…!!). Andava cioè in video, come si dice in gergo.
Alla fine del TG, al momento di congedarsi con i telespettatori (“per oggi è tutto, grazie della vostra attenzione, a domani”) aveva preso l’abitudine – all’inizio senza farci caso – di infilarsi la penna nel taschino interno della giacca. Salutava e contemporaneamente riponeva in tasca l’attrezzo del mestiere. Di fatto, comunicava visivamente la fine anche per lui di quella giornata di lavoro: era un modo semplice, immediato e visivo per entrare a livello inconscio in empatia con le persone.
Molti amici e conoscenti (o gente che incontrava per strada) gli dicevano proprio questo: “Aspettiamo fino alla fine del telegiornale per vedere quel gesto”. Era entrato a far parte di lui, della sua identità. Ma la cosa importante era che – trattandosi di una penna stilografica – era un visual hammer coerente con la professione da lui svolta.
Anche per te potrebbe essere più semplice partire da un gesto o un’azione: pensa ad esempio agli inviati di Striscia La Notizia, ognuno dei quali ha un gesto rituale, un modo di salutare, una frase introduttiva.
Pinuccio… rispondi.!! Pronto? Pinuccio sono! Arrivo!
Cosa vorresti trasmettere al tuo interlocutore attraverso un “simbolo” astratto (lo Swoosh della Nike o la stella a tre punte della Mercedes) o un colore particolare (l’arancione dei maglioni di Alfio Bardolla)?
In attesa di scegliere il tuo “martello visivo”, resta un dubbio:
Ma il mio collega le notizie le scriveva al computer o… a penna..?!?
PS – Vuoi sapere dov’è conservato il Codino Magico di Roberto Baggio?