Un professor Keating 2.0, che cominciano a invidiarci anche all’estero. È Sandro Marenco, 49 anni, insegnante di sostegno precario che, come Robin Williams nel film di Peter Weir – l’Attimo fuggente – prova a far volare alto i suoi ragazzi, trasmettendo loro l’importanza del pensiero critico, l’amore per la poesia, il coraggio. Ma soprattutto la bellezza dell’imperfezione e della gentilezza.
Come il “capitano” del collegio maschile Welton, Marenco ascolta, consiglia, raccoglie confidenze, scherza. Però non lo fa solo con un ristretto numero di ragazzi del liceo scientifico di Alessandria in cui insegna, ma in un’aula virtuale di 400mila follower (tra Facebook, Instagram, TikTok e YouTube).
Pure lui ha una “setta dei poeti estinti”, un gruppo di fedelissimi (quelli che non si perdono mai una sua storia su Instagram, una parola di conforto quando ci sono interrogazioni in vista, litigi a scuola, atti di bullismo o razzismo da denunciare) che supera i confini nazionali. A seguirlo infatti non ci sono solo ragazzi italiani, ma anche adolescenti emigrati in Germania, Lussemburgo e Austria. E aficionados più attempati, i genitori che non hanno ancora scoperto le frequenze giuste per sintonizzarsi con i figli.
L’idea di potersi raccontare ed essere ascoltati da qualcuno senza penna rossa, che non ha timore di rivelare le proprie debolezze – una lunga fase di depressione, un recente intervento chirurgico, il senso di solitudine che ogni tanto lo prende – è diventata un progetto: #dilloalprof, da cui è nato anche un libro, pubblicato di recente da Salani.
«Con me i ragazzi, che oggi sono più fluttuanti, crescono più velocemente, hanno più informazioni difficili da gestire, si sentono tranquilli. Io li ascolto con pazienza, ma non li bacchetto. Abbiamo stabilito un rapporto basato sull’onestà, sull’educazione, in cui c’è uno scambio alla pari di emozioni e opinioni. Lo si può notare dalle nostre chat pubbliche. Non sto lì a rimproverarli. Insegno loro che si può anche sbagliare e che non ci si deve mettere per forza una maschera per sembrare supereroi».
#Dilloalprof, uno “sfogatoio” di ragazzi soli e incompresi, ma anche uno strumento per far capire che non sempre i social sono piazze in cui ci si offende. Il mezzo diventa così messaggio.
Per diventare un “social prof”, Marenco si è applicato molto. Fare l’insegnante non era tra i suoi sogni di bambino. Studia per tre anni Medicina, poi abbandona quando comincia a frequentare le corsie degli ospedali. Si laurea in Lingue. Poi vari lavori: da speaker radiofonico, a content creator. Lavora per una multinazionale dell’elettronica e dopo anni in giro per il mondo, molla tutto e «inizio a creare per me stesso». Tutto comincia grazie a TikTok e a Instagram nel periodo del Covid e della Dad.
Una scalata sull’Everest per Marenco, perché sino al 2019 «la mia testa funziona con il sistema analogico e non sono per niente abituato ad affrontare situazione delicate attraverso i social». Inizia per gioco con TikTok, apre un profilo per capire cos’è e come funziona la piattaforma che molti dei suoi studenti utilizzano ogni giorno. Si iscrive, scopre un filtro per trasformare le proprie sembianze in uno scheletro, fa un paio di video divertenti e se ne vergogna al punto da uscirne subito.
Poi succede l’imprevedibile: mesi dopo, quando la pandemia rivoluziona le vite di tutti e costringe i prof alle lezioni a distanza, Marenco intuisce che può esserci un altro modo per stare vicino ai ragazzi. Del resto, «lontano da loro, non potrei vivere a lungo». Crea una classe virtuale, per dar loro un aiuto con l’inglese, ma soprattutto per far sentire loro che non sono soli e che, se hanno bisogno di qualcuno, lui c’è e non li abbandonerà mai.
In poco tempo la classe si allarga a dismisura, riunendo migliaia di ragazze e ragazzi da ogni parte d’Italia: «Un modo per non cedere allo smarrimento, per restare umani nel periodo più disumano della storia mondiale recente».
Dillo al prof nasce, dunque, da questa esperienza di condivisione. Ed è la storia di un uomo che non si considera dotato di particolari poteri, ma «solo di un’eccezionale disponibilità all’ascolto e alla comprensione degli altri», un «medico delle anime», «un compagno di scherzi», un amico dei suoi allievi, ma anche un confidente per tanti genitori.
Marenco trascorre almeno un paio di ore sui social e risponde da qualche tempo solo a due email ogni giorno. «Prima replicavo a una ventina ogni giorno, ma assorbendo le sofferenze di chi mi scriveva, finendoci proprio dentro, mi stavo esaurendo. Così mi sono dato una regola. Ai messaggi pubblici, invece, rispondo in pochi minuti».
Le email private arrivano spesso da chi non riesce ad affrontare un lutto, una malattia, da chi subisce atti di bullismo, cyberbullismo. «Nel dare risposte spesso improvviso, altre volte pesco dai miei momenti di grande tristezza e solitudine, ma studio, sì, mi documento. Ricordo una volta una ragazza mi confidò di essere una pansessuale. E io trasecolai. Ai miei tempi c’erano solo gli etero. Oggi quando ti iscrivi alla più popolare applicazione di incontri hai la possibilità di scegliere tra ventinove generi e nove orientamenti sessuali. Al classico maschile e femminile si aggiungono: androgina, pangender, gender fluid, gender queer e anche incerto. Tra gli orientamenti, oltre ad eterosessuale, omosessuale, bisessuale, ci sono gli asessuale, demisessuale, queer, pansessuale e anche qui incerto».
Con Marenco tanti psicoterapeuti a spasso? «Ma neanche per sogno. Quando mi accorgo che c’è qualcosa di grave, li indirizzo dagli specialisti».
Quest’anno il prof è stato nominato “Learning Hero”. E se gli chiedi qual è il motivo di tanta popolarità, ti risponde: «Sono sempre me stesso. Il prof Marenco è uguale in presenza e sui social. È uno che ascolta e che se sbaglia, chiede anche scusa. Lo faccio io e lo insegno, perché chiedere scusa non è un atto di debolezza, ma significa solo che il tuo errore ti appartiene, l’hai commesso tu, ma sei nettamente superiore al tuo sbaglio. È un gesto che rafforza i legami, chiarisce i dubbi, un rimedio contro l’odio. Come ho detto agli inizi, con il mio progetto voglio dimostrare che anche sui social – in cui a dispetto delle apparenze c’è molta vita reale – si può essere gentili, senza averne vergogna».
#Dilloalprof con molta probabilità sarà tradotto in tedesco. La proposta è arrivata dall’Università statale austriaca di Klagenfurt, dove di recente Marenco ha presentato la sua attività di social prof. Aspettano una sua visita anche a Innsbruck. Cosa può diventare in futuro la sua aula virtuale?
«Per me non chiedo niente. Mi sto battendo solo perché venga garantita la continuità degli insegnanti di sostegno, un diritto per i ragazzi disabili. Ho scritto al ministro Bianchi, ma non ho ricevuto risposta. Se l’Italia è un Paese per giovani? Guardi, non saprei. So che la scuola italiana è un mondo complesso, fortemente sindacalizzato, in cui spesso si prendono decisioni illogiche. Auguro a tutti un buon viaggio tra le vite degli adolescenti. Agli adulti chiedo di rispettarle così come sono, ritardando il momento dei giudizi. Lasciamoli provare, sbagliare. Non perdiamoli mai di vista, ma diamo loro anche la possibilità di cadere».