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La leadership di Roberto Re: «Dal 2000 ho puntato con successo sul mio brand personale»

di Alessandro Dattilo
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È considerato il mental coach numero uno in Europa. In trent’anni di attività, il suo modello di comunicazione è stato studiato e replicato da addetti ai lavori e concorrenti.   

 

Posizionamento? Meglio essere primi che migliori.

Al Ries – The 22 Immutable Laws of Branding

 

«L’idea di puntare sul mio brand personale, invece che su HRD Training Group, si è consolidata nel 2000. Quell’anno era avvenuta la separazione dai miei due precedenti soci: ero rimasto solo, con il mio nome e la mia faccia, a rilanciare un’azienda che da tre fondatori (gli altri due erano Livio Sgarbi e Roberto Pesce) era passata ad avere un protagonista unico».

Roberto è collegato da Dubai, luogo dove ha abitato per alcuni anni e dove ancora oggi gli capita di recarsi per impegni professionali. «Essendo quello dei tre che aveva iniziato a collaborare negli Stati Uniti con Anthony Robbins – il numero uno della formazione mondiale – avevo già dei contenuti che potevano essere spesi nella direzione della leadership. Ho capito che restare da solo poteva diventare un asset: le persone infatti ricordano più facilmente un nome, un viso, piuttosto che un brand aziendale. Essendo andato al “Maurizio Costanzo Show” su Canale 5, e avendo già collezionato una serie di articoli di giornale nel quale venivo ribattezzato “l’Anthony Robbins italiano”, ho preso atto che da lì dovevo ripartire».

roberto-re-anthony-robbinsRe scova nella sua memoria un titolo, un ulteriore elemento che lo ha spinto a compiere determinate scelte per il suo marketing personale. «Il libro che mi ha aperto nuovi orizzonti è quello di Al Ries, un super esperto di comunicazione e marketing strategico, che ha introdotto il concetto di posizionamento. Il titolo in italiano è “Le 22 immutabili leggi del marketing” e già dopo aver letto il primo capitolo, avevo capito che era quella la mia direzione».

Nel suo saggio, Rise scrive che essere leader di un mercato non significa essere necessariamente il migliore, ma il primo nella mente del cliente, proprio quando il cliente sta pensando a quella determinata categoria di prodotto. «Se non potete essere i primi di una categoria – dice Rise – inventatene una nuova in cui diventarlo».

Continua Roberto: «Di fatto era come se qualcuno mi stesse dicendo: una volta che sei diventato il numero uno nella mente dei consumatori, da lì non ti toglie più nessuno. A quel punto la sfida era di prendere velocemente quel posizionamento. C’erano i presupposti, avevo le caratteristiche e quindi ho lavorato per quello».

Ufficio stampa, videocorsi e fire walking

Analizzando il lavoro di decine di formatori anglosassoni, Re inizia a costruire una rete di riferimenti e di relazioni per adattare quelle esperienze al proprio contesto e stile personale. Consapevole dell’importanza che la comunicazione multimediale inizia ad avere, Roberto crea una serie di audio-video corsi di immediato successo: l’audiocorso in 10 audiocassette “One to One” e i videocorsi “Comunicare con Successo”, “Vendere con Successo” e “Tempo di Risultati”.

«Il mio nome, la mia voce e il mio volto iniziano a girare per l’Italia, diventando il miglior veicolo pubblicitario, oltre che il “prodotto” principale. I giornali iniziano a interessarsi del Fire Walking, era un argomento che faceva titolo nonostante i media riducessero tutto a “ecco l’uomo che fa camminare i manager sui carboni ardenti, come fossero dei piccoli Rambo. Ma intanto se ne parlava, e questo ha aiutato!».

Un’altra mossa strategica è stata il Press Office. Roberto Re è stato il primo nel settore a dotarsi di un ufficio stampa per comunicare sui media. «Da anni la nostra strategia di marketing prevede che l’ufficio stampa sia interno al gruppo HRD e dunque più sensibile e preparato a scovare fatti notiziabili. Collegando l’ufficio stampa alle attività di Public Relations, abbiamo ottenuto un posizionamento molto forte del personal brand. Quando è uscito il mio primo libro “Leader di te stesso”, è stato l’ufficio stampa il volano per veicolare ovunque il nome Roberto Re. Tutto questo ha portato a un grande lavoro di ricerca e attuazione, sfociato negli ultimi anni nella nascita di una vera e propria agenzia – Stand Out – fondata da Gianluca Lo Stimolo. Non sono solo io a dirlo ma i risultati: il team di Stand Out è super-specializzato, è oggi la prima agenzia in Italia che offre servizi integrati di Personal Branding».

“Leader di te stesso”, arriva il libro!

La svolta più consistente arriva nel 2004, con l’uscita del libro “Leader di te stesso” pubblicato da Mondadori. La scelta di posizionarsi sul tema della leadership personale diventa fondamentale.

«Avremmo potuto optare per tematiche diverse. Mi occupavo di Intelligenza Emotiva, di Pnl, di autostima, di motivazione, di molti argomenti legati al self-help. Ma con quel titolo abbiamo trovato la giusta definizione per spiegare in pieno cosa stavo facendo, e non era facile. Grazie all’uscita del libro sono riuscito ad abbracciare l’intero mondo della crescita personale e professionale: di fatto, anche se sei un imprenditore o un manager devi essere leader di te stesso».

La copertina ha fatto la differenza. C’è una storia interessante dietro l’elaborazione di un’immagine che ancora oggi contribuisce a trainare le vendite di un bestseller che, in oltre sedici anni, ha quasi superato il mezzo milione di copie!

roberto-re-leader-di-te-stesso«Quella è stata l’intuizione, la copertina! Fra l’altro non c’erano a quel tempo riferimenti anglosassoni di libri sulla crescita personale che avessero un’immagine di presentazione del genere. I grandi autori pubblicavano successi dove in copertina c’era una grossa scritta, focalizzata sull’argomento: penso a “The 7 Habits of Highly Effective People” di Stephen Covey… Oltre tutto Mondadori come editore è stata una conquista, all’epoca non pubblicava libri di quel genere. Dopo aver fatto un corso come trainer in Mondadori, ho colto l’opportunità chiedendo all’amministratore delegato dell’epoca di Mondadori Pubblicità di presentarmi ai responsabili della collana saggistica varia. Sono quelle “coincidenze, non coincidenze” che ti aprono prospettive. Per me la cosa buona è stata di aver trovato un editor che ha creduto al progetto con grande forza e coraggio, sebbene i suoi colleghi fossero scettici sul titolo “Leader di te stesso”. D’altronde Mondadori all’epoca faceva i libri dei comici di Zelig, con facce famose in copertina tipo Gioele Dix (“La Bibbia ha (quasi) sempre ragione” del 2003). Lì ho avuto veramente il FLASH!»

Essendo uno strumento di marketing, per Re il libro doveva veicolare la sua immagine e il suo nome, oltre ai contenuti su cui era focalizzato. È lui stesso quindi a lanciare l’idea della foto in copertina: idea che viene accolta anche perché la linea editoriale di quel periodo prevedeva, come abbiamo visto, libri di saggistica con volti in primo piano. Re lo ricorda con divertimento.

«Mi convocano in studio per scattare le foto. Una giornata di shooting con le diverse posture, cambi di abbigliamento, le solite cose. Qualche giorno dopo ritorno da loro per vedere le prove di copertina con le indicazioni che avevamo concordato. La scritta era in evidenza, non piccola, andava più o meno bene. Ma la foto che avevano scelto era quella di me stesso in giacca e cravatta, in piedi e con le braccia incrociate. Da politico americano, da berlusconiano. Inizio a sentire come un disagio strano, su queste cose sono molto percettivo… Mi rendo conto, guardandola, che il messaggio che passava era quello di “Io sono un figo e tu no!”. Dava l’idea di uno che pontifica dall’alto dicendo: leggi questo libro ma tanto non sarai mai come me… Tipo Marchese del Grillo!!».

Inizia un dialogo per convincere gli esperti di Mondadori che la foto non andava bene. Secondo loro era quella giusta per un certo tipo di pubblico. Ma è Roberto a non sentirsi rappresentato.

«Non era quello che volevo comunicare! Era fredda, supponente. Io non sono così. Sfogliando poi le altre foto, mi compare quella col pollice in su. Passava l’idea di un autore che ti sta dicendo “Dai che lo facciamo insieme, dai che si può fare!”. Ero sorridente, il pollice era un segnale chiarissimo. “È questa la foto giusta, questa qui!” inizio a dire sfidando i loro sguardi perplessi. Alla fine li ho convinti – dice divertito – e questo lo so fare bene».

La campagna di marketing con Gianluca Lo Stimolo porta risultati eccezionali. In tre settimane la prima edizione di “Leader di te stesso” sparisce dagli scaffali delle librerie italiane. Roberto inizia a essere ospitato sulle pagine dei giornali più importanti, così come in trasmissioni radio e tv, Maurizio Costanzo Show compreso.

«Ricordo benissimo l’effetto di quei primi mesi: in libreria c’erano mille libri sugli scaffali, ma il mio era l’unico che avesse la faccia in copertina. Era ovvio che attirasse l’attenzione, la gente lo prendeva in mano per curiosità, per simpatia o antipatia. In ogni caso provocava un’emozione. Da lì in poi non c’è stato libro sulla formazione personale che non avesse una faccia in copertina. L’hanno copiato tutti».

In un’epoca pre-social, Re inizia a essere riconoscibile: il suo nome era diventato un asset, un’autorità, era il più conosciuto in quel settore, il punto di riferimento. Una perfetta applicazione delle regole del personal branding, senza sapere ancora dell’esistenza di strategie codificate. Il fatto che le persone, nel bene e nel male, dicessero: “Ah i corsi come quelli di Roberto Re”, gli faceva acquisire un posizionamento in automatico.

Il successo iniziale è stato aiutato dal particolare momento storico: all’epoca non esisteva nulla di quel livello, mentre oggi esistono moltissimi titoli. “Leader di te stesso” è il primo libro sulla formazione che in Italia ha superato le 100mila copie (e oggi resta il più venduto con circa 500mila). È un saggio completo, che ha ricevuto il gradimento di migliaia di semplici lettori, così come di manager, dirigenti, imprenditori, sportivi e coach di ogni settore. Visto il grande successo, il libro non solo è stato più volte rieditato da Mondadori, ma è servito da matrice per tutta una serie di prodotti mediatici ed editoriali.

La qualità non è mai un dettaglio.

Il libro “Leader di te stesso” non è stato un libro mediocre, scritto “a tirar via”: era invece concepito con standard di qualità altissimi perché sapevo che sarebbe stato il mio biglietto da visita per il futuro. Dentro c’è veramente tutto il meglio di quello che faccio, tutta l’esperienza acquisita nei decenni. Non potevo sbagliare, come riferimento avevo i libri scritti da colossi come Anthony Robbins, Dale Carnegie, Stephen Covey: testi che ti cambiavano la vita e che hanno fatto conoscere questi autori in tutto il mondo. Senza presunzione, sono passati quasi vent’anni ma questo libro è ancora potente e continua a vendere moltissimo. Fare passaparola con uno strumento del genere mi ha portato su palcoscenici mediatici di ogni tipo: dai giornali (quotidiani e periodici) ai programmi tv, dai telegiornali alle interviste in radio. Sono veramente andato ovunque: e ripeto il merito è anche quello di aver scritto un ottimo libro, altrimenti il raggio d’azione sarebbe stato limitato».

Posizionamento e concorrenza

Nel continuare l’intervista, proviamo a beneficio dei nostri lettori – impegnati a lavorare sul proprio brand personale – a ripercorrere i principali strumenti e le strategie più efficaci che hanno permesso a Re di consolidare la sua autorevolezza in materia.

Tutto parte dal posizionamento, dall’individuare la propria nicchia di mercato e la relativa promessa di valore. Specializzandosi sulla leadership nell’ambito della crescita personale, Roberto Re è stato il primo a presidiare quel settore e a mettere in atto uno stile narrativo che gli ha permesso di raccontare e far conoscere il proprio talento.

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«All’inizio ero identificato soprattutto come il “motivatore”, una definizione non corretta perché all’epoca la cultura su questi temi era inesistente. In ogni caso la scelta di presidiare per primo quella nicchia si è rivelata decisiva. Oggi chi comincia mi chiede consigli sul posizionamento. Ci sono diverse correnti di pensiero. Per posizionarti c’è chi sostiene: prendi il più forte in un determinato settore e lo usi come metro di confronto continuo per affermare la tua diversità, facendo leva sui tuoi punti di forza. Con me questa cosa la fanno tutti. Personalmente non mi piace perché diventa un “parlar male”: alla fine dimentico le mie specificità e passo il tempo ad attaccare il numero uno. Sarebbe più giusto evidenziare “Io questa cosa te la posso dare, anche se quell’altro è più grande di me”. Faccio un esempio: uscire dalla zona di comfort è un passaggio obbligato, efficace. Ma c’è chi produce contenuti soltanto a “buttar giù” e ti dice: adesso vi spiego perché uscire dalla zona di comfort è una cagata! È come se dicesse: ora vi spiego perché quello lì, nonostante abbia avuto un casino di successo, è un pirla e non capisce una mazza. È evidente a tutti che va incontro a una brutta figura, gioca solo di sponda in un confronto a negativizzare. Potrebbe dire: da tanti anni nella formazione si dice che superare la zona di comfort sia un passaggio importante, però per esperienza ho verificato che puntare inizialmente su questo sia limitante per questo e questo motivo… Così farebbe un discorso più solido e convincente. Invece si divertono a fare un tirassegno aggressivo con esiti infausti. Ho letto di uno che aveva appena iniziato a fare il fotografo, non aveva ancora combinato nulla e si era messo da subito ad attaccare un numero uno della fotografia, un Oliviero Toscani della situazione. Leggendolo pensavo: ma questo non ha capito nulla, sta iniziando malissimo e presto si renderà ridicolo!».

Come va invece studiata la concorrenza?

«Mi reputo una spugna e negli anni sono sempre più veloce a capire come prendere spunto da gente in gamba, a vedere cosa funziona e cosa può essere migliorato, cosa potrebbe essere diverso. Più che altro intuisco come una buona idea potrebbe essere tradotta nel mio settore. Devo dire che da un po’ ho smesso di guardare la concorrenza diretta, perché alla fine vedo che tutti si copiano e fanno le stesse cose. Le idee più geniali le ho avute guardando il lavoro di personaggi che fanno cose lontane dal mio mondo. I riferimenti più importanti per me vengono da ambiti completamente diversi dalla formazione, sono strategie e dettagli che possono essere traslati indipendentemente dal contesto. Guardo altri mondi e penso a come quel dettaglio, quel servizio, quella scelta di marketing potrebbe funzionare nel mio mondo».

Ricordo gli sms motivazionali che ricevevo nei primi anni Duemila…

«Quello è un ottimo esempio di un’idea mutuata da un ambito completamente diverso. Un giorno stavo guardando il Tg5 e vedo sulla sigla finale la possibilità di abbonarsi a un servizio di sms per ricevere alcune notizie di attualità sul telefonino con pochi euro al mese. Gli smartphone non c’erano ancora! Allora abbiamo iniziato a produrre sms motivazionali: la gente si iscriveva al servizio per ricevere quotidianamente una frase, uno slogan, uno spunto stimolante per se stesso e per il proprio lavoro. Un successo incredibile che funzionava in un’epoca precedente al web».

Anche Beppe Grillo, lo dici spesso, ti ha dato lo spunto per stravolgere la promozione dei tuoi libri.

«Sì è così. Guardavo in DVD gli spettacoli di Beppe Grillo nei palazzetti dello sport, strapieni di gente. Pensavo che quel modo di approcciarsi al pubblico era molto simile a quello che avevo io. Ho associato questa modalità al lancio di un prodotto, nella fattispecie un libro che chiunque poteva portarsi subito a casa. E da lì sono nati in tour in teatro: i tour “One Night Seminar” sono stati un inedito nel mondo della formazione italiana, con innumerevoli tentativi d’imitazione. Un’idea creativa che ha rivoluzionato il marketing di tutti i successivi prodotti editoriali HRD: promuovere il mio secondo libro – “Smettila di incasinarti” – attraverso i “One Night Seminar”, seminari-spettacolo nei teatri di tutta Italia. Non la solita presentazione “paludata” ma un vero e proprio mini-seminario, con il libro incluso nel prezzo d’ingresso. Nel novembre 2006, presso il Teatro Nuovo di piazza San Babila a Milano, lo “Smettila di incasinarti Tour” è partito con un tutto esaurito: più di mille persone in sala e oltre 200 rimaste fuori. Grazie a dieci date in tutta Italia, il tour ha poi coinvolto un pubblico complessivo di quasi ottomila persone!».

Storytelling e Innovazione

Nella carrellata dei diversi strumenti utilizzati per valorizzare il proprio brand personale, sicuramente Re ha puntato moltissimo sulle capacità di public speaking, una leva straordinaria che all’epoca (ancora più di adesso) ha avuto un impatto senza precedenti.

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«Credo di essere stato un precursore nel sostenere convention aziendali con migliaia di persone. Stessa cosa per le telecamere: per me non è mai stato un problema, mi sono sempre sentito a mio agio. In epoca pre-social alcune cose hanno “sfondato” di brutto, siamo stati precursori. Senza Internet, le informazioni le acquisivi solo girando di persona. E io in quel periodo giravo mezzo mondo, soprattutto gli Stati Uniti che erano una fucina di idee e innovazioni legate al marketing e alla comunicazione. Viaggiare e parlare bene l’inglese è stato quindi per me un elemento di successo, ha fatto la differenza».

In quel periodo avete iniziato a valorizzare l’email marketing e i videocorsi…

«Nel 2000 in HRD abbiamo messo a punto un sistema di web marketing per fare campagne DEM, uno strumento pazzesco che all’epoca nessuno usava per comunicare verso target specifici. Utilizzando database e mailing list di aziende e privati, indirizzate a profili definiti e geolocalizzati, abbiamo veicolato il brand “Roberto Re” attraverso contenuti di formazione gratuiti e scaricabili. Rispetto ad altri canali di comunicazione online, le DEM consentivano di concentrare l’effetto della campagna in periodi ristrettissimi: ed è stato quindi impiegato come meccanismo per il lancio di nuovi prodotti o servizi. Gli audio e i video-corsi sono stati un altro strumento fondamentale, in Italia non esistevano sulla crescita personale».

Nel gennaio del 2005 HRD decide di abbinare al mensile “Espansione”, storica testata Business to Business per i manager, il videocorso di comunicazione efficace e public speaking “Comunicare con Successo”.

roberto-re-mens-health«Per i lettori italiani è stata una novità assoluta: quattro DVD nei quali trasferivo, come un vero e proprio corso dal vivo, tutti i segreti che rendono straordinariamente efficaci i grandi comunicatori. La formula dell’abbinamento si è rivelata vincente, sarà ripetuta molte volte anche con altre testate in edicola. Penso al mensile “Millionarie”, dove i lettori hanno trovato abbinato il DVD “Le nuove regole per vendere”, dove si parla anche di Seth Godin, noto strategic marketer americano. Ma anche del mensile “Men’s Health”, che è uscito in edicola con l’audio-corso in nove capitoli “Diventa un Leader”, nel quale ripercorrevo e approfondivo i punti più importanti del libro Leader di te stesso».

Per chi sta lavorando sul personal branding, sarà utile dire qualcosa sull’immagine personale: l’abbigliamento ti ha differenziato?

«Non particolarmente. È stato più decisivo mettere la faccia, come oggi spiega il personal branding. Se ripenso a un segno distintivo – spiega Re divertito – all’epoca portavo le bretelle, eravamo in periodo post-Yuppies. Poi è cambiato il mondo e il doppiopetto blu, la cravatta e la camicia con i polsini bianchi non avevano più senso, come si vede nella cover del libro. L’abito senza cravatta aveva un impatto più morbido, più amichevole. Oggi possiamo stare in maglietta e bermuda e girare un video convincente, così come stare su un palco estivo di fronte a una platea: non è un problema».

E questo ci conduce all’importanza dei social media. Le tue storie su Instagram sono un must per conoscere le iniziative di marketing, le attività, i luoghi del business, il tuo pensiero su alcuni temi di attualità.

«Il fenomeno dei social è talmente potente che non credo di dover aggiungere nulla che già non si sappia. Penso di essere stato fortunato ad aver vissuto anche l’epoca precedente, quella “uno punto zero” tanto per capirci. Non essendo nativo digitale, come si dice oggi, ho sviluppato un’attenzione a mille situazioni reali, alla gestione delle relazioni, alla crescita dei team, a saper raccontare la mia storia, la mia narrazione con decine di strumenti diversi. Lo storytelling si faceva attraverso le newsletter, i podcast, i video-corsi, gli eventi dal vivo in ogni luogo. Per questo non sono uno che vive solo di quello, come qualcun altro che è professionalmente nato nell’epoca del web e si dedica notte e giorno a creare nuovi contenuti. Quindi, bene i social, ma per me avere quel background 1.0 precedente al web – vent’anni di corsi dal vivo di fronte a qualsiasi tipo di pubblico – mi ha permesso di evolvermi, di acquisire una spontaneità che fonde le due epoche. E mi rende per questo diverso da chi è abituato a relazionarsi in prevalenza con la Rete. Poi ovviamente lunga vita a Instagram, Facebook e tutto il resto: grazie a quello oggi vengo riconosciuto ovunque, la popolarità che ti restituiscono è enorme!».

Stand Out ha dato forma a una strategia

Dietro e a fianco di tutto questo c’è Gianluca Lo Stimolo, la persona che insieme a Roberto ha ideato e strutturato ogni strategia del gruppo HRD, nel suo ruolo di responsabile Marketing e Comunicazione. Dalla fine degli anni ’90 Gianluca – in HRD da quando, universitario, studiava Relazioni Pubbliche allo IULM – ha iniziato a ragionare di posizionamento, content e web marketing, produzioni di audio-video, ufficio stampa, eventi, newsletter di grande contenuto.

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«Un giorno – ricorda Roberto – Gianluca mi fa leggere un articolo che per la prima volta parlava di personal branding. Subito ha detto: ma questo è quello che facciamo noi da anni senza sapere che si chiamava “personal branding”. Finalmente avevamo trovato una testimonianza del fatto che fossimo davvero sulla strada giusta. Sulla spinta del binomio ufficio stampa/relazioni pubbliche, abbiamo consolidato il brand “Roberto Re”: la rassegna stampa che parla di me negli anni è alta come una collana di enciclopedia. Ovviamente questo mi ha permesso di essere invitato a tantissime trasmissioni televisive, talk-show e telegiornali, essendo considerato il mental coach numero uno in Europa. Un posizionamento ovviamente certificato dal successo di pubblico e dai numeri che HRD continua a fare grazie a quasi trent’anni di attività».

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La nascita di Stand Out va dunque in questa direzione?

«Tutti si sono accorti, utilizzando anche il mio esempio come benchmark, che il personal branding aiutava a diventare delle business celebrity: non necessariamente un vip da milioni di follower, ma una persona nota nel proprio settore per una caratteristica speciale, per competenze particolari che la distinguono sul mercato. A quel punto decine di clienti ci hanno chiesto consulenza per fare personal branding, cercando di replicare nel loro ambito il successo comunicativo che stavamo avendo. Prima abbiamo strutturato meglio l’ufficio stampa, poi abbiamo fatto nascere – per opera di Gianluca – un’agenzia vera e propria sul tema delle Business Celebrities. Di fatto abbiamo iniziato a mettere a disposizione di chiunque la nostra esperienza in un particolare settore di marketing: Stand Out è oggi la prima agenzia in Italia che offre servizi integrati di Personal Branding. E Gianluca è diventato uno dei massimi esperti sulla materia, ha aumentato valore, competenze, contenuti. Oggi tiene con grande professionalità corsi e webinar, gestisce clienti di alto profilo con livelli di consulenza mirata e strategica. Insomma, come si dice nel finale dei racconti a puntate… La sfida continua!»

 

Alessandro Dattilo

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