Verrà ricordato come l’inseparabile compagno di vita della regina Elisabetta o come l’uomo delle gaffes, ma il Duca di Edimburgo è stato un vero e proprio antesignano del ‘metterci la faccia’, creando per primo una breccia nel rigido protocollo di Casa Windsor.
Quali sono state le mosse che hanno trasformato la Casa Reale Inglese nella monarchia più conosciuta e amata di tutti i tempi, rendendola al tempo stesso un brand capace di generare altissimi utili?
In questi giorni si sprecano i ricordi, le celebrazioni e gli aneddoti sul Principe Filippo, Duca di Edimburgo, consorte di Elisabetta II, al suo fianco dal lontano 1947. Una figura senza dubbio controversa e complessa, capace di far emergere la propria personalità pur restando – come da protocollo – un passo indietro rispetto alla Regina. C’è un aspetto della sua vita, però, che raramente è stato raccontato: quello di ‘regista’ di alcune scelte comunicative che hanno impresso una svolta cruciale nella storia della Corona inglese.
«C’è un motivo se quella britannica è l’unica monarchia che ancora fa parlare di sé in tutto il mondo, conquistando sistematicamente le prime pagine dei giornali e dando vita a vere e proprie ‘tifoserie’ che dibattono sui social network» spiega Gianluca Lo Stimolo, Ceo di Stand Out. «Accade perché, grazie proprio ad alcune riuscitissime intuizioni del Principe Filippo, insofferente ai protocolli e ai rigidi paradigmi di Corte, quest’istituzione millenaria è stata capace di rinnovarsi senza tradire la propria storia. Mi piace pensare che chi lavora nel marketing o nella comunicazione debba rendere merito al Duca di alcune scelte per l’epoca rivoluzionarie, e diventate in seguito step quasi obbligati in termini di strategia nella costruzione di un brand».
The real spin doctor
Sono quattro le scelte strategiche che, secondo Lo Stimolo, hanno di fatto reso Filippo il vero spin doctor della famiglia reale inglese:
1. 2 giugno 1953: all’età di 25 anni Elisabetta II viene incoronata regina del Regno Unito. A tenere le redini dei 16 lunghi mesi di preparativi è proprio il Principe Filippo che, per la prima volta nella storia, apre le porte dell’abbazia di Westminster alle telecamere. La scelta di trasmettere la cerimonia in diretta televisiva provoca un acceso dibattito dietro le quinte, tant’è che addirittura l’allora primo ministro Winston Churchill si dice contrario, temendo di ‘inquinarne’ per sempre la sacralità. I Royals però restano fermi nelle proprie intenzioni: il risultato è un evento mediatico seguito sul piccolo schermo da 20 milioni di persone, un record e un primato assoluti per l’epoca.
2. È il 1969, la monarchia inglese è alle prese con un calo di popolarità e il principe Filippo ha un’idea: svecchiare la narrazione della famiglia reale come quella di un’élite irraggiungibile e distante dalla vita dei propri sudditi, mostrandola invece nella sua veste più umana. Il risultato è Royal Family, il reportage della BBC che accompagna gli spettatori nella quotidianità di Buckingham Palace, tra barbecue con i bambini e chiacchiere sorseggiando il the.
3. Philip Mountbatten è stato il primo inquilino di Buckingham Palace a volere un computer nel suo ufficio, agli albori di queste nuove (per l’epoca) tecnologie, di cui lui si è sempre dichiarato profondamente affascinato. «È l’ennesima dimostrazione del suo voler tenere la Casa Reale al passo con i tempi, anche nelle innovazioni tecnologiche che ha sempre visto come abilitatrici della strategia comunicativa. Quando alla base c’è un pensiero strategico, infatti, le tecnologie aiutano a metterlo in pratica nel modo più rapido, efficiente e mirato. Capirlo già nei primi anni Ottanta denota una non comune capacità di visione», commenta Gianluca Lo Stimolo.
4. A ulteriore conferma del suo approccio disinvolto al mezzo televisivo, il duca di Edimburgo è stato il primo membro della famiglia reale ad apparire in un’intervista per la trasmissione Panorama trasmessa dalla BBC, esattamente sessant’anni prima della “confessione” di Harry e Meghan da Oprah Winfrey, con la differenza però di non averlo fatto con un fine divisivo nei confronti della Famiglia, ma, al contrario, dettato dalla consapevolezza di quanto fosse importante definirne il ruolo preciso. «Oggi saper parlare davanti a una telecamera non è un vezzo dettato dalla vanità, ma un’esigenza imprescindibile per chiunque voglia essere riconosciuto nel proprio ambito. Questo principio è valido per chiunque, reali compresi, e Filippo, prima di tutti, ha compreso la potenza e l’importanza della cassa di risonanza data dal mezzo video», continua Lo Stimolo.
Un brand redditizio
«In un mondo in cui la concorrenza è sempre più serrata e le preferenze del pubblico cambiano in modo imprevedibile, il successo di aziende, imprenditori e professionisti si gioca anche sulla loro capacità di raccontarsi in modo efficace, facendo emergere la propria competenza di punta. Possiamo dire – conclude Lo Stimolo – che Filippo ci sia riuscito, contribuendo, anche con il suo humour, a modificare e ad adattare ai tempi lo stile narrativo dei Reali: ed è anche merito suo se la Corona inglese è un’azienda dal bilancio florido».
Nel 2020 infatti la famiglia reale inglese è costata ai contribuenti 69,4 milioni di sterline, circa £ 1,24 pro capite. Una briciola rispetto al suo contributo all’economia d’Oltremanica, stimato dalla società di consulenza Brand Finance in 1,8 miliardi di sterline, di cui circa 550 milioni provenienti dal turismo (i dati sono riferiti al 2017, in epoca pre-Covid). Ammonta ad altri 50 milioni il giro d’affari dell’industria dei media dovuto a serie tv come The Crown e opere teatrali come King Charles III.
Vale invece circa 6,2 miliardi di sterline la Crown Estate, il portafoglio finanziario della Corona che fa capo a un ente indipendente che risponde al Parlamento. Nell’anno fiscale 2019/2020 ha generato un utile netto di 345 milioni di sterline, che per il 25% vanno alla Regina (è il cosiddetto Sovereign Grant) e per il 75% al governo, che incassa anche le tasse pagate dalla famiglia reale.
Photo Cover: Garry Knight/Flickr