L’arte di raccontarsi attraverso ritratti che parlano. E che aiutano la costruzione di un brand personale. Intervista a Paco Di Canto – figlio d’arte e originario del Cilento – che ha trasformato la sua passione per i grandi maestri della fotografia in un brand personale distintivo.
«La potenza mediatica di una foto è dirompente». Paco Di Canto, fotografo professionista di moda, riassume così la sua visione del mezzo fotografico: al servizio dell’immagine, capace di esaltare il soggetto che immortala e di raccontare, attraverso di lui, una storia.
Ci fai la tua, di fotografia?
Vengo da un paesino, Trentinara, situato nel Parco del Cilento e Vallo di Diano, da una famiglia di fotografi. Sono figlio d’arte, mio padre è un fotografo, anche se lui si è sempre occupato principalmente di wedding e ritratti. È con lui che, insieme ai miei fratelli, ho conosciuto questo fantastico mezzo di espressione. Io poi ho proseguito appassionandomi alla fotografia di moda, tanto che, nel 2010, ho frequentato un master per fotografi di un livello già avanzato, con la Elite Fashion Agency, una delle principali agenzie internazionali di modelle. Subito dopo, ho iniziato delle collaborazioni nel settore del fashion a Milano, dove poi mi sono trasferito sei anni fa. Come spesso succede, le relazioni che si instaurano ti portano a fare delle cose.
Cosa è successo?
È così che è nata la collaborazione con Elisabetta Franchi, a cui ho fatto diversi ritratti. Uno di questi le è piaciuto così tanto da diventare la sua immagine istituzionale per diversi anni. Per lei ho raccontato due delle sue collezioni in immagini totalmente in bianco e nero. Per provare a raccontarti, era come se fossi stato invitato a una sua sfilata, mi fossi intrufolato nel dietro le quinte, nel camerino, tra le modelle e avessi fotografato il tutto con una visione totalmente autoriale. Beh è andata proprio così, nel senso che mi era stato dato l’incarico di realizzare immagini, ma nello stesso tempo avevo la libertà di farlo come volevo. Da lì poi sono stati realizzati due libri. Ho fatto numerose campagne pubblicitarie di moda, come quella del brand Ash, che hanno portato le mie fotografie in giro per il mondo, da Tokyo a Milano alla Gallerie Lafayette di Parigi, o le ultime tre del brand Camomilla in Italia.
L’elemento distintivo del tuo brand personale?
È chiara l’influenza dei grandi fotografi degli anni ’90, che ho studiato attraverso i loro libri. Penso a Richard Avedon, Steven Meisel, Helmut Newton, Tim Walker, Paolo Roversi, Annie Leibovitz, Peter Lindbergh per citarne alcuni. Il mio occhio fotografico si è formato sulle loro immagini. Potrei dire che il mio “marchio di fabbrica” si è costruito e personalizzato sulle immagini dei grandi maestri prima citati, ma anche in tanta ricerca personale su altri ambiti artistici, come la musica, la pittura e la scultura. Tutto questo insieme all’esperienza mi hanno portato ad avere uno stile tutto mio. Sono anche Art director dei miei progetti e lavori fotografici, per cui ho sempre ben chiaro il tipo di makeup da usare, la modella che vorrei fotografare, gli abiti da utilizzare, la location o lo studio.
Per un professionista freelance il nome è anche il proprio brand personale. Come promuovi il tuo?
Da questo punto di vista, forse non sono troppo bravo. Posso dire però che i social network mi hanno aiutato tanto, oltre al passaparola. Lo trovo molto efficace, perché i riscontri positivi di chi ha già lavorato con te sono un biglietto da visita prezioso e autorevole. Se pubblico le mie foto, per esempio su Schön! Magazine, una rivista tedesca che ha oltre 600mila followers, quella è certamente una grande e importante vetrina. Infatti mi è valsa la vendita di alcune foto a un collezionista. Per quanto riguarda i social, sono presente con una mia pagina ovunque, da Facebook a LinkedIn a Pinterest, ma sicuramente Instagram offre una grande visibilità per chi lavora sull’immagine.
Non rischi di perderti nel mare magnum del web?
Il rischio c’è perciò bisogna differenziare. Il sito web è uno strumento di comunicazione che oggi non può mancare, una vetrina istituzionale che un professionista non può non avere. È fondamentale però anche trovare spazio dove sai di poter trovare clienti in target. Per me è stato molto importante essere indicizzato su models.com, un portale riservato ai professionisti del mondo della moda, dove trovi le mie pubblicazioni anche di anni fa. È importante sia perché chi cerca professionisti specializzati in quel settore li cerca su questo autorevole e affidabile sito – dunque le possibilità di ingaggio aumentano, sia perché l’archivio conserva lavori per anni, in un mondo, quello del web, dove tutto scorre molto velocemente e la memoria storica del portfolio rischia di perdersi tra i milioni di post che vengono pubblicati.
Cosa ne pensi della querelle sull’Intelligenza Artificiale?
È probabile che le macchine emuleranno quello che facciamo e immagino anche che alla fashion week di settembre qualche brand, tra i più importanti, azzarderà una campagna pubblicitaria realizzata tramite l’AI. Potrà fare delle belle foto ma non so cosa ne sarà. Se non ci sarà il fotografo, probabilmente non ci saranno neanche più le modelle, quindi esisteranno anche delle immagini non realizzate dall’uomo, ma tutto questo non mi preoccupa, l’evoluzione fa il suo corso, come ogni essere umano il proprio.
C’è ancora qualcosa che potresti raccontare di te ma che ancora non hai detto? Con quale media potresti esprimerlo?
Sono molto critico verso me stesso e ricercando la perfezione, non mi butto a fare le cose così, tanto per farle. Mi è stato proposto anche di fare delle mostre fotografiche perché ho tanto materiale, ma non è ancora il momento adatto. Così come un libro, mi piacerebbe pubblicarlo un giorno ma non adesso. Per ora mi concentro sui commerciali e sui redazionali, che mi danno grande soddisfazione e anche visibilità. Pubblico su riviste come Elle Arabia, L’Officiel, nelle edizioni Arabia, Lituania, Belgio, Baltic, Russia, oltre in quella italiana, Marie Claire Arabia, e, come anticipato, Schön! Magazine in Germania.
Quanto una foto, un ritratto, può contribuire alla creazione del personal branding?
Credo tanto. Nella fotografia di moda, la qualità dell’immagine spesso fa la differenza. Persino i marchi del fast fashion scelgono grandi fotografi e testimonial importanti perché vendono un’emozione, un’ispirazione più che un abito. Anche un prodotto di qualità non eccellente può essere reso iconico dalla giusta foto scattata da un fotografo di esperienza nell’Art direction, che riesce a catturare la personalità che una brava modella trasferisce.