Imprenditrice digitale e relatore in eventi italiani e internazionali, Mirna Pacchetti è CEO di InTribe, società di Consumer Insight Data Intelligence, fondata a fine 2016 insieme a Marzia Di Meo (COO) e in collaborazione con il direttore ricerche, Marco Ravagnan.
«Con InTribe effettuiamo indagini predittive sugli insight dei consumatori, integrando metodologie statistiche con le analisi dei big data. Facendo evolvere le indagini di mercato, aiutiamo le aziende B2C a comprendere in maniera approfondita i propri target e l’evoluzione dei consumi in mercati sempre più digitalizzati».
Intraprendente ed energica, laureata in Relazioni Pubbliche e Master in Sales Management, Mirna è una Linkedin influencer: il suo profilo conta 7.600 follower ed è gestito personalmente da lei. Nell’ambito di InTribe, Mirna è a capo del team Sales & Digital, nonché del team di Data Analysis.
Qual è il suo posizionamento specifico per differenziarsi da altri professionisti del suo settore?
Il mio brand personale è strettamente legato alla mia expertise e ai contenuti di valore che posso condividere con chi mi segue. Per me il brand personale è sempre stato molto importante e ritengo che la credibilità di un’azienda sia strettamente legata alla credibilità delle sue figure apicali. Comunico prevalentemente in LinkedIn e cerco sempre di creare contenuti di valore: questo negli anni mi ha portata a diventare influencer in LinkedIn, speaker ad eventi e a venire intervistata per gli ambiti di mia pertinenza.
Qual è stato negli anni il percorso per conciliare famiglia e lavoro?
Ho iniziato grazie a un blog (2008-2014) che si chiamava “Quei cattivi ragazzi” e trattava temi di Marketing Strategico. Poi dal 2012 al 2018 ho gestito con altre mamme “Business Mum”, progetto nato quando sono diventata madre per la prima volta: qui si affrontavano temi e consigli per mamme alla ricerca del work-life balance. Oggi ho due bambine e – anche se con una gran fatica – sono riuscita a conciliare la famiglia e la vita professionale.
Quali sono stati i periodi più appaganti della sua carriera?
Nella mia vita lavorativa sono stati diversi, specialmente ogni volta che mi sono messa in gioco. Un esempio è quando ho lasciato il lavoro a tempo indeterminato per fondare la mia società di consulenza o quando ho fondato la startup InTribe. Specializzata in analisi predittive, oggi InTribe è diventata una società tecnologica di ricerche di mercato che sviluppa tecnologie per la rilevazione degli insight dei consumatori e dell’evoluzione dei trend sociali e di consumo.
Quanto è importante secondo lei accostare un volto alla presentazione di un prodotto o un servizio?
Arrivando dalla consulenza strategica, ho una convinzione: credo che ancora prima di acquistare un prodotto o un servizio, acquistiamo una relazione positiva e costruttiva con le persone che propongono quel prodotto o servizio. Per questo sono portata a metterci la faccia, a registrare video e a tenere webinar.
Che rapporto ha con i social media?
Sono stata tra i primi utilizzatori di Facebook e LinkedIn e negli anni ho aperto anche Instagram e TikTok, ma da circa 2 anni ho praticamente abbandonato la mia attività sui social – a parte LinkedIn – principalmente perché sono molto riservata nella sfera personale e sono invece propensa a parlare del mio lavoro. LinkedIn in questo è più in linea alle mie esigenze, sia per l’audience, sia per le modalità comunicative.
Ha mai utilizzato un sito personale e un blog per parlare del suo settore?
Nel 2007 ho creato in HTML il sito “Quei cattivi ragazzi”. Inizialmente è stato lo sfogo da professionista del marketing appassionata di tecnologia: in azienda venivo etichettata come la “pecora nera” perché volevo fare pubblicità nei social e usare in modo più ampio l’online. Vedevo il mondo digitale che evolveva e mentre raccontavo di VR marketing, la mia azienda non faceva quasi comunicazione online. Quel sito si è poi trasformato nella vetrina online della mia società di consulenza, QCR Consulting, ed è diventato un blog. Nel 2011 sono poi diventata mamma e ho creato il blog BusinessMum, che ho gestito per alcuni anni con altre blogger mamme e lavoratrici come me. Ho gestito entrambi i blog fino a quando non ho creato InTribe con i miei soci Marzia Di Meo e Marco Ravagnan. A quel punto ho deciso d’incanalare le mie energie nel progetto comune e alla fine entrambi i blog sono stati chiusi. Per ora, in futuro mai dire mai…
Ha mai scritto un libro sul suo argomento? Come si prepara di fronte a una telecamera?
Al momento ho scritto solo White paper. La telecamera non m’imbarazza, sono abituata al public speaking. Provo molta più soggezione a mettermi in posa davanti ad una macchina fotografica. Nelle interviste tendo ad andare a braccio, a meno che non mi venga chiesto di presentare i dati delle nostre indagini, allora in quel caso arrivo preparata. Sono invece abbastanza meticolosa nel preparare i miei speech, in parte perché dopo anni a fare pitch davanti a potenziali investitori con il tempo cronometrato, ho dovuto fare di necessità virtù. In generale amo rispettare i tempi che mi vengono dati e fare in modo di passare un messaggio nel modo più efficace possibile: queste sono aspetti che richiedono preparazione.
Lei ha parlato anche di un fenomeno poco conosciuto, il “mansplaining”: di che si tratta?
Questo è un atteggiamento tipico degli uomini (e di alcune donne, che io chiamo “uome”) che ritengono che la donna con cui stanno interagendo non sia in grado di capire ciò che l’uomo le sta spiegando: per questo assumono un atteggiamento paternalistico e che sminuisce la donna. Imparare a interagire con questo tipo di persone mi ha permesso di acquisire ulteriore consapevolezza e sicurezza nelle mie capacità, di crescere.
Che cosa distingue InTribe rispetto ad altre aziende?
Nella nostra realtà lavorativa le persone vengono valorizzate e valutate per gli obiettivi che dimostrano di saper raggiungere e non per il luogo in cui vivono: di fatto lavorano da ovunque vogliano lavorare e non devono timbrare alcun cartellino. Scovando il talento “ovunque si trovi”, non chiediamo a nessuno di trasferirsi a Milano, siamo un’azienda fluida. Il team è attualmente formato da 10 persone che lavorano da remoto e sono dislocate in tutta la Penisola, da Torino a Milano, da Bergamo a Faenza, da Firenze a Campobasso.
InTribe svolge attività di ricerca solo in Italia oppure anche all’estero?
Per ora il business è concentrato in Italia, ma stiamo iniziando a lavorare a livello internazionale con gli headquarters di importanti aziende multinazionali. Lo scorso anno, insieme a VirgoImage, abbiamo realizzato uno studio sulla “Diversity” prendendo in esame 8 tipologie di diversità: la persona (età e caratteristiche fisiche), la cultura (credo religioso ed etnia), il genere (genere e orientamento sessuale) e le abilità (disabilità fisiche e disabilità intellettive). Tra le persone che dichiarano di avere subìto discriminazioni o pregiudizi per qualche diversità, quasi l’80% afferma che la discriminazione ha procurato o procura ancora disagio. Dall’indagine appare inoltre evidente come siano le donne a sentirsi maggiormente giudicate e discriminate: sono oltre il 50% ad affermarlo contro poco più del 38% degli uomini.
Che consigli darebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua stessa strada?
Penso che il consiglio migliore che posso dare sia: inizialmente parti dalla tua idea, sonda il mercato e la concorrenza, approfondisci e poi struttura la tua idea d’impresa partendo dal primo prodotto/ servizio che puoi offrire nel minor tempo possibile, testa il mercato e se iniziano a pagarti per quello che fai, all’inizio reinvesti tutto per continuare a crescere. Datti però un tempo massimo oltre al quale devi iniziare a percepire uno stipendio, altrimenti la tua stessa impresa ti logorerà. E infine: se trovi qualcuno che inizialmente è disposto a pagare per acquistare ciò che offre la tua azienda (la mamma e la nonna non valgono!) vai avanti e non mollare. Nonostante tutto, nonostante chi ti dirà che la tua idea non ha futuro, nonostante la situazione politico-economica. La resilienza è una caratteristica fondamentale di chi fa impresa.