Meglio un contratto a tempo indeterminato o una passione da trasformare in lavoro? Aumenta il numero di professionisti che – puntando sulle proprie competenze – scelgono di investire in una nicchia dove mettersi in gioco con il proprio brand personale.
Ha realizzato il suo desiderio aprendo un negozio di vinili nel quartiere Arcella di Padova. Fa discutere la decisione di Giorgio Bonomi, ex giornalista Rai per la testata regionale veneta, che da qualche mese – rinunciando alla sicurezza di un lavoro ben pagato – ha dato vita a Gold Soundz, un luogo per appassionati di musica e clienti di dischi in vinile e cd. Un colpo al cuore per chiunque ragioni in modo rigido. Per lui è un sogno che si trasforma in realtà.
Dopo molti anni nel giornalismo, hai lasciato un contratto fisso in Rai per aprire un negozio di dischi. Il Gold Soundz a Padova… Come mai?
Potrei dire perché ho realizzato quello che è sempre stato il mio sogno! E in effetti non ci sono molte altre spiegazioni: ho lasciato la sicurezza di un lavoro soddisfacente, ben pagato e in un certo senso prestigioso per mettermi a fare il “bottegaio” (come dice con disprezzo mia madre) in un piccolo negozio di quartiere. Però erano troppi anni che ci pensavo, e mi ero promesso che appena ne avrei avuto la possibilità, avrei provato a realizzare questo progetto. Certo, sarebbe stato bello fare entrambe le cose insieme, ma purtroppo non è stato possibile (per problemi di tempo, ma anche per le regole abbastanza stringenti contenute nei contratti Rai, oltre che per quelle dell’ordine dei giornalisti). E visto che il mio futuro in Rai era sì sicuro, ma anche un po’ statico (nel senso che non c’erano molte possibilità di crescita ulteriore al di là di lavorare tutta la vita all’interno della sede di Venezia), ho deciso di provare ad affrontare questa nuova avventura. Come si dice? Meglio avere rimorsi che rimpianti…
Come approcci il mondo della musica da vendere? Che tipo di proposta fai in Gold Soundz?
Il mio approccio è molto semplice: gestisco il negozio esattamente come vorrei fosse gestito se fossi un cliente. Da grande frequentatore di negozi di dischi, col tempo mi sono reso conto che molto spesso i negozi di dischi sono dei luoghi poco curati dal punto di vista estetico, gestiti da persone senza grande propensione all’interazione con i clienti. Allo stesso tempo, mancano negozi che propongano (oltre ai grandi nomi della discografia degli anni 60-70-80 e 90) gli artisti più di nicchia, che spesso incidono per etichette indipendenti con una distribuzione limitata. Io vorrei fare qualcosa di diverso: un posto luminoso, pulito, gestito da qualcuno che ha sempre voglia di fare quattro chiacchiere (di musica, ma anche di molto altro) con i clienti, ma soprattutto che sappia “consigliarli” su quali sono gli artisti più interessanti e adatti ai loro gusti, al di là di quello che propongono le radio o la grande discografia. In questo senso il mio è un lavoro molto on demand: proprio da queste conversazioni con i clienti molto spesso mi viene l’idea “vincente” per trovare il disco giusto per loro.
Che tipo di cambiamento hai visto in ottica di personal branding e di comunicazione in campo musicale?
Ormai chiunque ha gli strumenti a disposizione per promuoversi continuamente, quindi c’è una sovrabbondanza di artisti più o meno piccoli, che sfornano continuamente canzoni, album, singoli. Inutile dire che tutto questo crea solo rumore di fondo: è sempre più difficile distinguere le poche cose che veramente propongono qualcosa di nuovo e meritano di essere ascoltate. Ed è proprio in questo che cerco di essere utile con il mio negozio.
Hai delle strategie specifiche a livello di web marketing? E nella gestione dei social media aziendali (piani editoriali, adv e altro)?
Dovresti chiedere a mia moglie, che fa questo di lavoro e ha seguito il lancio del negozio sul web e sui social. Una volta al mese ci troviamo per definire un piano editoriale di cosa scrivere nei post, quali canali utilizzare e altro, ma cerchiamo anche di mantenere sempre una certa spontaneità in quello che pubblichiamo, specie nelle storie di Instagram che sono lo strumento che utilizziamo maggiormente. Per quanto riguarda l’advertising, avevamo stimato un budget per il lancio del negozio, ma l’abbiamo interamente risparmiato, perché fin da subito l’annuncio è stato accolto in maniera trionfale, tanto che non c’è stato bisogno di sponsorizzare alcunché. Un paio di articoli sulla stampa locale poi hanno fatto il resto, e così siamo partiti molto bene già dall’inaugurazione.
Che tipo di rapporto hai in generale con i social network, a livello personale e aziendale? Gold Soundz ha anche uno shop online?
Li uso moltissimo: un tempo per ragioni personali, ora invece si può dire che buona parte della mia giornata la passo a rispondere ai messaggi di chi ci scrive sui social per informazioni o per ordinare qualche disco. È un servizio a cui tengo molto, quello di chiedere regolarmente ai miei potenziali clienti quali dischi vorrebbero trovare in negozio, e poi acquistare dai distributori in base a quello che mi dicono. Grazie alle possibilità di tracciamento offerte dai social, si riesce veramente ad “acchiappare” il cliente anche grazie a una semplicissima interazione come questa. Gold Soundz non ha un e-commerce per il momento, ma vende online grazie alla piattaforma dedicata ai collezionisti di musica Discogs.
Ritieni utile l’attività di ufficio stampa?
La ritengo molto utile, quando viene fatta in modo mirato e senza essere troppo insistenti. E poi bisogna avere consapevolezza di cosa si va a proporre: non ha senso usare iperboli o paroloni quando l’artista che proponi è conosciuto solo nel suo quartiere, tanto per capirci. Informarsi bene su una pubblicazione/negozio e vedere quali generi propone e che approccio ha alla musica è un passo necessario da fare prima di inviare qualsiasi cosa. E poi non bisogna esagerare con gli invii: un’email a settimana organizzata per punti, con link, foto e testi riassuntivi facilmente visionabili, è più che sufficiente.