Perugina, 24 anni, è diventata una guida per chi non sa come affrontare la bulimia, l’anoressia, il bing eating desorder, ma anche l’ortoressia, la bigoressia e il chewing and spitting (masticare e sputare). Da un anno e mezzo Giorgia ne parla in una community online, dando consigli a chi non ha ancora capito che dietro i disturbi alimentari si nascondono disagi psichici, che devono essere affrontati solo con l’aiuto di psichiatri, psicologi e nutrizionisti. E non certo con un «sii forte e passerà».
La bulimia è la mia cicatrice sul cuore.
Dopo otto anni trascorsi tra sensi di colpa, depressione, sempre alla ricerca di buoni motivi per isolarsi, oggi è tra i suoi follower (25mila solo su Instagram, ma è presente anche su Facebook e TikTok) che si sente vitale. Qualche anno fa ha trovato quello che i giapponesi chiamano “Ikigai“, il senso della propria esistenza. Ossia aiutare chi oggi soffre di quella malattia che l’ha tenuta prigioniera da quando aveva 16 anni.
«I genitori spesso negano questo aspetto – ci dice Giorgia – fanno finta che il problema non esista. Parlo di quei genitori che ti hanno sempre comprato tutto quello che hai chiesto e che non ammettono la tua infelicità. Ti senti colpevole e sempre inadeguato perché hai tutto, ma quel tutto non ti basta. Anche i miei per anni non si sono mai accorti delle mie grandi abbuffate, da cui mi dovevo liberare subito, procurandomi il vomito. Sono arrivata a svuotarmi anche sette volte al giorno. Anche io ero troppo carina per i miei genitori e mia sorella per concedermi il lusso di essere triste. Ma ad una persona che soffre di disturbi alimentari non mancano gli oggetti materiali. Piuttosto l’amore, le attenzioni, la cura. Far capire agli altri che anche se non pesavo 30 chilogrammi stavo ugualmente male, non è stato semplice. Gli anoressici si riconoscono prima, senza dubbio».
Per sei anni Giorgia ha cambiato più di otto medici e questo perché pensava di poter guarire in pochi mesi. «Al contrario, occorrono anni, tanta determinazione e le persone giuste per guarire». Che lei ha trovato nel Centro specializzato di Todi. Ci è arrivata dopo aver toccato il fondo.
Un giorno – come racconta nel suo libro autobiografico, “Nata due volte“, uscito di recente – Giorgia assume diciotto Tachipirine da 1.000 mg, una dietro l’altra. Sta malissimo e va in ospedale.
«Da lì è partito il mio percorso di ricostruzione. Quando soffri di disturbi alimentari, utilizzi il cibo come anestetizzante di un dolore più profondo che ti fa entrare in una spirale tossica: il cibo, le abbuffate, i sensi di colpa, la rabbia e il vomito. Durante il giorno non esiste altro. Il cibo diventa un’ossessione e ti svuoti correndo, facendo esercizi massacranti, senza saltare un giorno. Imbottirsi di Tachipirina è stato un grido di sofferenze e paure che mi ero portata dietro per anni. Non volevo più sentire i miei, che poi si sono separati, discutere la sera mentre non si accorgevano che io passavo le giornate ad abbuffarmi. Seguita da specialisti, ho capito che mi distruggevo perché ero stata distrutta. Non mi amavo perché avevo una ferita che nessuno aveva mai curato. Non mi prendevo cura di me perché nessuno, quando stavo male, mi accarezzava e mi diceva di non preoccuparmi. Con tanta forza di volontà ho iniziato a vedere la realtà con occhi diversi. Ho accettato la mia storia, i miei gesti, e piano piano ho iniziato a perdonarmi. Del resto, c’è un proverbio di saggezza che ho fatto mio e vorrei diventasse la stella polare per chi soffre ancora.
La saggezza consiste nel cambiare le cose che possono essere cambiate, nell’accettare quelle che non si possono cambiare e cosa importante, nel distinguere le une dalle altre.
Oggi, nonostante non abbia più la sua famiglia unita, Giorgia sembra serena. Non ha più paura di stare sola con se stessa. «Ho compreso l’importanza del presente, imparato a gestirmi, allontanando quelli che provano a sfilarmi le redini della mia vita. E soprattutto a dire di no, senza preoccuparmi di scontentare qualcuno».
Giorgia si è iscritta anche alla Facoltà di Scienze dell’Alimentazione e ha un sogno: creare un centro per ragazzi che soffrono di disturbi alimentari con psicologi, psichiatri e nutrizionisti. «Per ora condivido la mia esperienza soprattutto su Instagram. Lì creo da sola le mie storie con Photoshop».
Chi ti scrive? «Soprattutto ragazze tra i 18 e i 24 anni, ma a volte capita di confrontarmi con donne di 40-50 anni. I disturbi alimentari non hanno età e non hanno sesso. Anche gli uomini ne soffrono. Mi chiedono come dirlo ai genitori e come ne sono guarita. Ultimamente mi scrivono anche genitori disperati che a volte sono più spaventati dei propri figli. Dico sempre che esiste una via d’uscita e che quindi devono tranquillizzarsi, ma anche informarsi senza perdere tempo. Quando si hanno figli con questi problemi, è bene evitare commenti sull’aspetto fisico e sul cibo. Meglio usare parole di incoraggiamento e comprensione».
Alla fine del libro Giorgia descrive tredici campanelli d’allarme da non sottovalutare, tra cui: la paura di mangiare carboidrati, i cambiamenti di umore, la perdita o l’aumento di peso, la ricerca della perfezione, lo spezzettare il cibo.
«I medici aiutano tantissimo, ma non hanno la bacchetta magica. Occorrono determinazione e desiderio forte di uscirne. Vorrei che in futuro si parlasse di più di questi temi a scuola. Nel nostro Paese ci sono poca informazione e poca sensibilizzazione. Insufficienti sono anche le strutture pubbliche dedicate ai DCA e molte persone per poter accedere alle cure devono aspettare per tanti mesi. Se, invece, si rivolgono ai centri privati, devono sopportare spese notevoli».
Quanti ragazzi hai “salvato”? «Ho spinto tantissime ragazze a chiedere aiuto, quindi le ho rese consapevoli della necessità di uno specialista. Quando mi scrivono “grazie a te ho chiesto aiuto” sono orgogliosa di me stessa, di tutti gli sforzi fatti per essere arrivata fin qui. La bulimia è la mia cicatrice sul cuore. E va bene così, perché a differenza di prima so che la perfezione non esiste, so che il problema da risolvere non era con il cibo. Oggi mi accetto, sono capace di fermarmi quando quella vocina maledetta mi dice che non sono all’altezza e che sono sola. Non ho più bisogno di riempire la mia solitudine con chiunque. Oggi sono in grado di scegliere chi avere accanto. Ogni giorno cerco di trasmettere tutto quello che ho a chi combatte ancora».
L’intero ricavato del libro sarà destinato ad un progetto di sensibilizzazione e informazione sui disturbi alimentari che Giorgia vorrebbe avviare tra breve.
2 commenti
Giorgia è l’espressione di tante persone che soffrono di disturbi alimentari e mali correlati conseguenti a vite di sofferenze non risolte. Ma è proprio da queste contrarietà di vita che è capace di uscirsene con forza e determinazione. Ed è lì che viene fuori la tipa tosta che è. Perciò complimenti a Giorgia per questa nuova vita e per l’aiuto profuso ai tanti ragazzi che vivono la sua stessa esperienza. Complimenti Cinzia per aver colto anche questa volta un esempio di vita vincente!
Grazie Rita per il tuo commento. La storia di Giorgia ha toccato tutti in redazione: brava Cinzia a raccontarla con la giusta delicatezza.