Nel marzo del 1921, nasceva a Torino Gianni Agnelli. L’Avvocato con la A maiuscola. A cent’anni dalla sua nascita i fratelli Alberto e Giancarlo Mazzuca hanno voluto dedicargli un ritratto con «Gianni Agnelli in bianco e nero», edito da Baldini+Castoldi. In bianco e nero, i colori della «sua» Juventus. Ma anche quelli di una vita eccezionale non sempre segnata dalla fortuna.
Abiti su misura, la cravatta un po’ storta e con il nodo allentato, i polsini aperti per puro vezzo di nonchalance. E poi l’orologio, divertissement di un uomo che al tempo ha dato indubbiamente un valore immenso. Perché alzarsi la manica, o le maniche, per sapere che ore sono, quando lo si può portare direttamente sopra? Specie quando si tratta di oggetti come il Porsche Design, il grande Omega Seamaster PloProf e il Patek Philippe World Time.
C’è poco da dire, l’Avvocato le regole le ha violate tutte. L’orologio sul polsino della camicia, la cravatta fuori del pullover, le scarpe sportive sotto il completo di grisaglia, le cravatte larghe, come le portava il duca di Windsor: tutti questi sono i dettagli di stile che hanno contribuito a far diventare Agnelli un’autentica icona di stile e di eleganza, riconosciuta in tutto il mondo.
Amato dal pubblico e avversato dai concorrenti, con fama di playboy dal cuore tenero, ma anche marito e padre, patriota e cosmopolita, tifoso ed esteta del calcio (famoso il suo amore sportivo per Michel Platini), uomo d’affari capace di rischiare: Gianni Agnelli è l’enigmatico e affascinante Erede, con la maiuscola, della nuova dinastia sabauda, che arriva quasi ad assumere i connotati di una royal family nostrana.
L’Avvocato è stato ed è ancora oggi il simbolo di quel «made in Italy» che ha fatto della creatività la propria bandiera, un portacolori capace di coniugare il rigore sul lavoro – tipico del nonno fondatore Giovanni e di altri maestri, come Vittorio Valletta – con i piaceri della vita, anche attraverso la sua amicizia con molti protagonisti del secolo breve, da Kennedy a Kissinger a Truman Capote.
Bisogna circondarsi di letterati, di artisti, essere mecenati, bisogna leggere i quotidiani di Washington quanto quelli di Tokyo e Pechino, concedersi ai paparazzi e ai propri dipendenti.
Alberto e Giancarlo Mazzuca ne ricostruiscono la vicenda in questo saggio ricco di particolari inediti, e nel farlo ripercorrono non solo la storia del nostro Paese, ma anche la nascita di quello che è oggi, a tutti gli effetti, un mito italiano.
I due autori cominciano da ciò che non era: avvocato. Lui stesso lo ha definito «un nome d’arte». È stato invece imprenditore, senatore a vita, presidente di Confindustria, ministro degli esteri “di fatto”, uno dei principali rappresentanti del «made in Italy», amante e conoscitore dell’arte e dell’eleganza.
Da non perdere questo podcast dell’intervista che l’autore Giancarlo Mazzuca, ex direttore di “QN-il Resto del Carlino” e de “Il Giorno”, ha rilasciato ai microfoni di Radio Radicale.