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Fabrizio Tesse: «La stella Michelin come punto di partenza per il brand personale»

di Annarita Cacciamani
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Lavorando con Cannavacciuolo, ha imparato la dedizione e lo spirito di sacrificio. Classe 1978 e milanese di nascita, Fabrizio Tesse, una stella Michelin, è lo chef del ristorante “Carignano” di Torino. Nel suo curriculum può vantare collaborazioni prestigiose, come quelle con superstar della cucina come, appunto, Antonino Cannavacciuolo o Martín Berasategui.

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Fabrizio, come nasce la sua passione per la cucina e quando decide di diventare chef?

La mia passione per la cucina è cresciuta negli anni. Giorno dopo giorno, come una piccola fiammella che diventava sempre più grande. Tante sono state le circostanze che mi hanno portato a dedicare di intraprendere la carriera di chef: la vicinanza della mia famiglia che mi ha sempre sostenuto, il collegio alberghiero dove ho mosso i primi passi e la grande fortuna di conoscere persone che mi hanno tramesso il grande desiderio di diventare chef. Poi c’è stata tanta gavetta, tante esperienze al fianco degli chef migliori. Tanto impegno, tanto lavoro. Ed ora eccomi qui.

Lei è uno chef stellato. Cosa significa avere la stella Michelin?

Pensavo che la stella Michelin fosse un punto di arrivo. Invece è stato un punto di partenza. Un punto di partenza perché una volta ottenuta la stella bisogna lavorare per mantenerla e per migliorare sempre, proponendo una cucina tradizionale e innovativa. E al tempo stesso con ingredienti di altissima qualità e attenzione ai dettagli che rendono grande anche un piatto che all’apparenza può sembrare banale.

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Nel suo curriculum troviamo la collaborazione con il notissimo chef Antonino Cannavacciuolo. Cosa ha imparato da lui?

Ho lavorato per diversi anni con Cannavacciuolo, come suo sous chef. È stata un’esperienza bella ed importante, molto formativa sotto tanti punti di vista. Cannavacciuolo mi ha insegnato e non solo per quanto riguarda la preparazione dei piatti e tutto quello che ci sta dietro. Da lui ho imparato quanto dedizione e spirito di sacrificio siano importanti nel nostro mestiere. Questi valori sono alla base di tutto: senza non si riesce ad andare avanti.

Cannavacciuolo è noto anche per la sua presenza televisiva. Lei, Fabrizio, ad esempio è stato ospite di MasterChef. Cosa pensa di queste trasmissioni?

Io credo che trasmissioni come MasterChef e le tante altre dedicate alla cucina siano la risposta alla grande richiesta del pubblico di conoscere l’alta cucina. Grazie alla televisione, la nicchia lascia spazio al popolare. L’alta cucina è sempre stata considerata qualcosa per pochi, per una ristretta cerchia di persona. Ora invece inizia a diventare qualcosa che tutti possiamo conoscere grazie, appunto, a queste trasmissioni televisive. Sarò di parte ma sono convinto che gran parte del merito sia da attribuire a Antonino Cannavacciuolo. Mi si consenta un paragone con l’arte: io lo vedo come Andy Warhol che ha reso l’arte popolare.

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Ristorante “Carignano”

Lo chef è il volto di un ristorante e “mette la faccia” sui piatti. Come comunica le due competenze e i suoi piatti al pubblico?

Lo chef crea un piatto e la percezione del cliente cambia. La sensazione di comfort food varia da persona a persona. Quello che spero è raggiungere più persone possibili. Come fare? Credo che semplicemente si debbano utilizzare i vari mezzi di comunicazione a partire dai social per raccontare la nostra cucina e soprattutto il grande lavoro che ci sta dietro.

Quanto è importante comunicare il brand di uno chef per la comunicazione di un ristorante?

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Comunicare il nostro brand è fondamentale, ma diventa totalmente inutile se ciò che comunichiamo non è la verità. Chi dopo aver sentito parlare di noi, averci visto sui social o aver ascoltato qualche mia intervista decide di venire a mangiare da noi, deve trovare nel nostro ristorante esattamente quello che raccontiamo. Ciò non sarebbe possibile senza il grandioso lavoro dei nostri collaboratori, che colgo l’occasione per ringraziare. Tutti. Nessuno escluso. Non ci sarebbe nessun brand senza una squadra che lo tiene vivo.

 

Annarita Cacciamani

Photo: Flavio BandieraLe foto di Marzo

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