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Dario Bressanini, il chimico di quartiere che ha rotto le barriere e sfata i falsi miti

di Mariateresa Totaro
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Nel 2018 ha esordito su YouTube con alcuni video «su cibo e gastronomia dal campo al piatto, contro la disinformazione dilagante». Oggi sui social Dario Bressanini ha un pubblico da vera celebrity.

Se dici scienza, ma soprattutto scienza in cucina, dici Dario Bressanini. Il binomio è ormai indissolubile, e anche se ha più di 440mila follower solo su Instagram e i suoi video hanno milioni di visualizzazioni, lui preferisce non farsi chiamare influencer. Quando ha cominciato lo ha fatto per due motivi: rendere la scienza alla portata di tutti e aumentare i suoi lettori. Poi però è diventato un fenomeno, un divulgatore, un blogger, uno scrittore.

Il professor Bressanini, infatti, è chimico e ricercatore presso il dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università degli Studi dell’Insubria a Como. Ha cominciato a curare il suo personal brand nel 2004, ma non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo dopo.

Fare video richiede molto tempo e competenze specifiche.

«Mi occupo di meccanica quantistica, ma sui social parlo della chimica applicata alla quotidianità. Quando ho cominciato era l’epoca dei blog. I social non esistevano e avevo una rubrica mensile su Le Scienze, una rivista prestigiosa, ma destinata a una nicchia di lettori. Io volevo arrivare a più persone possibili e mi accorsi che intorno ai blog si creavano piccole e grandi comunità. Così, per ampliare il mio pubblico, decisi di averne uno tutto mio. Nacque “Scienza in cucina” su Le Scienze e in poco tempo divenne il blog scientifico più letto in Italia».

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In quel momento ha capito l’importanza di curare il suo personal branding?

Questa esperienza mi fece capire il potenziale che aveva quel tipo di comunicazione e che il pubblico del blog non era lo stesso della rivista. Iniziarono a seguirmi persone comuni, cuochi, chef più o meno famosi, appassionati di biotecnologie, agricoltori. Venne a crearsi una bella community e capii che stavo andando nella giusta direzione.

Ma non si è fermato al blog…

Ogni volta che nasceva una nuova piattaforma, la provavo per capire se facesse al caso mio. Il mio scopo era allargare il mio pubblico. Volevo parlare di scienza e vita quotidiana, e sfatare i falsi miti di cui è pieno internet (e non solo). Avere una grande community, poi, mi avrebbe permesso di vendere i miei libri a un numero sempre più alto di persone. Ho capito che bisognava seguire il pubblico, quindi ho aperto la mia pagina Facebook, poi sono sbarcato su YouTube e Instagram. Questi ultimi, devo ammettere, sono stati un suggerimento di mio figlio che mi disse: “Papà, Facebook è per boomer, se vuoi arrivare ai giovani devi usare i social dei giovani”.

Possiamo dire che suo figlio ha avuto ragione?

Assolutamente sì. Anche se all’inizio soprattutto Instagram, nel 2017, era una terra straniera per uno scienziato. Era il regno delle beauty influencer. Non c’era nessuno che facesse divulgazione. Ma questo, in realtà, si è rivelato un grande vantaggio. Perché essendo stato uno dei primi a farlo, mi ha permesso di essere oggi uno dei più seguiti.

Cosa cerca di trasmettere al suo pubblico?

Credo che sia estremamente importante essere consapevoli, informati, attivi. Non dobbiamo subire le decisioni e gli avvenimenti, ma capire cosa succede e sviluppare il nostro spirito critico. E nelle valutazioni – come spiego sempre ai miei follower – è indispensabile per capire se qualcosa funziona o meno, se è giusta o sbagliata, affidarsi alle prove, agli studi scientifici, alle pubblicazioni.

Oggi i suoi video sono famosissimi, si ricorda quando ha cominciato?

All’inizio è stata una tragedia. Ero abituato a scrivere, ma il fatto che insegnassi all’università e che quindi parlassi a centinaia di ragazzi, mi ha fatto credere che in fondo fare video non sarebbe stato così difficile. Invece è stato difficilissimo. Non stavo nei tempi, ripetevo le cose, non avevo ritmo e avevo un tono di voce sbagliato. Così mi sono riguardato tante volte e ho capito che dovevo studiare. L’ho fatto e pian piano ho trovato la mia strada.

Oggi come si prepara quando deve realizzare un contenuto?

Nell’ultimo anno ho rallentato molto a causa delle mie condizioni di salute. Mi piacerebbe avere qualcuno che mi aiuti così da potermi concentrare più sul contenuto, ma faccio tutto da solo. Fare video richiede molto tempo e competenze specifiche. Insomma è un altro lavoro. Ma anche la scelta dei contenuti è molto importante, e serve a distinguere chi parla perché ha studiato, da chi si improvvisa.

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Io, ad esempio, non parlo mai di cose che prima non ho approfondito, di cui ho studiato e letto articoli, pubblicazioni scientifiche, documenti. Seleziono gli argomenti in base a cosa interessa al mio pubblico, ma propongo anche argomenti che mi piacciono e che penso possano appassionare. Per registrare utilizzo il mio cellulare (ho solo comprato un cavalletto) e faccio io montaggio e pubblicazione. Ma c’è un aspetto a cui tengo moltissimo: non accetto mai di fare pubblicità per le aziende di cui parlo. Ne verrebbe meno la mia credibilità.

Secondo lei, qual è stata la chiave del suo successo?

C’era un vuoto di conoscenza intorno alla materia e allo stesso tempo una sete di sapere. Non avevo di fronte a me un pubblico esperto, ma persone interessate e desiderose di capire. La mia arma vincente, poi, è stata anche la scelta di utilizzare un linguaggio non specialistico: parlare in maniera semplice, fare degli esempi alla portata di tutti senza dover ricorrere a tecnicismi. Mi ha anche portato tante critiche, ma non mi importa. Volevo rompere le barriere che ci sono tra le persone e la scienza, e ci sono riuscito.

 

Mariateresa Totaro

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