Da un anno e mezzo è il giornalista più seguito sui social. La sua pagina Facebook è quella in assoluto con più interazioni in Italia. Giornalista del Fatto Quotidiano, saggista, conduttore televisivo, opinionista, scrittore, autore e interprete teatrale italiano. Tutto questo e molto altro è Andrea Scanzi che, anche grazie al suo racconto pungente della politica italiana, è diventato uno degli ospiti di punta di programmi come Otto e mezzo e Cartabianca.
Il focus del mio personal branding? Essere brutalmente onesto e sincero: dico sempre quello che penso, senza reticenze, nel modo in cui l’ho sempre fatto.
L’amore smisurato per Giorgio Gaber, Fabrizio De André e i Pink Floyd, il suo spirito guida. I “nuovi fascisti”, i protagonisti del suo ultimo libro edito da Paper First: “Sfascistoni. Manuale di resistenza a tutte le destre”.
Partiamo dal suo ultimo libro, chi sono questi “sfascistoni”?
Ho scritto molti libri di satira – come Il Cazzaro verde. Ritratto scorretto di Matteo Salvini (2019) o Demolition Man. Matteo Renzi, la tragedia della politica italiana (2021) – ma questo è diverso. Sfascistoni è una riflessione ironica, amara e allo stesso tempo satirica in cui cerco di analizzare una mia personale paura: l’attuale destra italiana. Non ho paura che tornino le camicie nere o il fascismo, ma mi spaventano molto alcune cose. Ad esempio il fatto che da una parte ci siano personaggi che abbracciano i valori del fascismo senza alcun rispetto, e dall’altra che ci siano politici come Meloni e Salvini che minimizzino episodi gravissimi. Episodi che hanno come protagonisti, appunto, gli “sfascistoni”. Per citarne uno: gli insulti destinati a Gino Strada nel giorno della sua morte. Che vergogna! Quello che mi preoccupa di più è l’atteggiamento furbo di una parte della politica che non recide mai in modo netto il cordone con il fascismo, perché da quel mondo ottiene moltissimi voti. Si tratta di una destra poco centrodestra e molto estrema destra.
Oltre al suo ultimo libro, il suo racconto della politica e dell’attualità ha un luogo ormai diventato punto di riferimento e seguito da milioni di persone: i suoi canali social. Dall’aprile dell’anno scorso, infatti, è il giornalista italiano con più interazioni sui social secondo la classifica di Sensemakers. Com’è diventato influencer?
Ho sempre utilizzato i social per comunicare, per parlare di quello che mi piace e delle mie passioni, come la musica, gli animali e lo sport. Quando è arrivata la pandemia avevo 500 mila followers su Facebook, una bella community, ma durante il lockdown tutto è cambiato. Ho cominciato a fare le mie dirette, le ScanziLive, una sorta di mini tg delle 19 – con “sigla” musicale iniziale – per parlare agli italiani in un momento così difficile. Ho curato ancora di più i miei contenuti e il riscontro ha superato le aspettative. Le dirette hanno raggiunto il record di 104.000 contatti live. Le visualizzazioni superavano puntualmente il milione di visualizzazione, arrivando addirittura in alcuni casi sopra i 10. In quel momento solo Conte faceva di più ma era il presidente del Consiglio e diceva agli italiani cosa stava succedendo, parlava della pandemia e delle regole da seguire. Da 500mila, i miei followers in pochi mesi hanno superato ampiamente i 2 milioni. Oggi sono 2 milioni e 150mila su Facebook.
Le dà fastidio essere definito influencer?
Assolutamente no. Influenzare mica è una cosa negativa! Solo in Italia “influencer” ha un’accezione negativa, perché attorno a quella parola c’è molta invidia e molto ignoranza. Certo, non amo particolarmente coloro che sono influencer utilizzando solo la propria immagine, ma hanno un ruolo diverso dal mio. Personalmente posso dire con tranquillità che i miei contenuti e le mie opinioni hanno influenzato, ad esempio, le regionali del 2020, quando espressi il mio giudizio sulle elezioni in Puglia e Toscana. So bene di influenzare l’opinione di chi mi segue, è una responsabilità e ha anche un lato negativo. Spesso sono attaccato, minacciato, offeso. Accade per le mie opinioni politiche, come per quelle sui vaccini. Fascisti e no vax mi odiano, e me ne vanto.
Ha lavorato molto per far crescere la sua pagina, per diventare influencer o accaduto tutto un po’ per caso?
Quando ho cominciato non avevo la minima idea che sarebbe accaduto tutto questo, ma sono una di quelle persone che se fa qualcosa cerca sempre di vincere, quindi ho lavorato in questa direzione. Io sono così: o eccello o sto a casa. Quando ho capito il mio potenziale sui social, mi sono impegnato per gestire tutto in modo professionale.
C’è qualcuno che l’aiuta?
Non ho mai avuto un social media manager fino a marzo 2020. Da quel momento in poi, quando la mia pagina stava esplodendo, ho capito che mi serviva aiuto e ho contattato Tommaso Galli, una persona che aveva gestito in modo eccellente l’organizzazione di alcuni miei spettacoli, per esempio il Renzusconi a Firenze nel febbraio del 2018. Tommy mi dà molte dritte sul marketing in generale, mi consiglia e mi aiuta quando devo promuovere i miei spettacoli o i miei libri. È un amico. Poi mi faccio aiutare da due ragazzi, principalmente per la parte tecnica e grafica, Francesco Picchio e Luigi Colletti. Siamo amici, ci sentiamo di continuo e per scherzo ci chiamiamo i “Peaky Scanzers”, tributo a una delle mie serie preferite (Peaky Blinders). Ma tutto quello che leggete e vedete è mio. I contenuti sono miei fino all’ultima virgola.
Chi risponde ai tantissimi commenti?
Cerco di farlo io quando sono in treno, per ottimizzare i tempi, così da non togliere troppo tempo alla mia vita privata e alla mia compagna. Sono io a farlo personalmente, ci mancherebbe altro. Nessuno risponde al posto mio. Leggere i commenti di chi mi segue è il minimo che possa fare per ringraziare e onorare chi mi vuole bene, anche se ovviamente non posso leggere tutti. Sono tantissimi!
Che consiglio darebbe a chi deve fare personal branding?
Comunicare se stessi non è mai facile. Sin dall’inizio, quando scrivevo nelle fanzine di Liceo e università, ho capito che la sincerità paga. Devo essere sempre me stesso, sino in fondo. Chi insegue una comunicazione cerchiobottista, pavida e democristiana non va da nessuna parte, e soprattutto ai miei occhi è solo un gran “paraculo”. Il focus del mio personal branding? Essere brutalmente onesto e sincero: dico sempre quello che penso, senza reticenze, nel modo in cui l’ho sempre fatto. Magari questo porta a dover gestire tante polemiche, ma nel lungo periodo paga, perché chi mi segue sa che non lo tradirò mai, che non mi arrenderò e che difenderò sempre alcune battaglie e alcuni principi.
Multitasking comunicativa: quanto è complesso gestire il tempo, i vari lavori, i tanti impegni?
Gestire tutto al meglio è molto complesso. Ci devi nascere, devi avere una grande passione e una grande follia. A volte rallento, ma poi inevitabilmente ricomincio, spinto dalle mie passioni. Non so stare fermo. Credo di avere un grande dono: sono molto veloce quando si tratta di scrivere, o di preparare gli argomenti quando sono ospite in tv, oltre ad aver maturato nel tempo una certa esperienza. Anche gli spettacoli teatrali nascono con grande velocità. E poi (per ora) ho una grande memoria, che mi permette di portare in tour anche 4 o 5 spettacoli contemporaneamente senza sbagliare. Tutto questo mi consente di fare molte cose risparmiando tempo, ma ho imparato anche a fare delle rinunce: se sono in tour con uno spettacolo, preferisco avere meno date, magari scegliendo teatri o città più grandi. L’unica cosa che mi pesa molto sono i viaggi continui, gli hotel ogni volta diversi. Vivo così da più di dieci anni ed è molto dura. Ho anche smesso di cenare dopo gli spettacoli, quindi a mezzanotte o più tardi, perché sono ritmi inumani e si vive una volta sola. Con gli anni sono diventato molto più salutista: devo sempre essere in ottima forma, altrimenti deludo me stesso e mi incupisco.
Tutto quello che fa, dal giornalismo al teatro, è concatenato, come se ogni esperienza avesse arricchito l’altra. Ma cosa le piace di più?
Ciò che più mi rappresenta è sicuramente la scrittura. La scrittura è dentro di me e unisce ogni cosa che faccio. Poi, certo, amo particolarmente (viaggi e cene a parte) il teatro: mi permette di avere un contatto diretto con le persone che non ho altrove, e chi viene ai miei spettacoli ha la possibilità di conoscere una parte di me che altrove non vede. Chi pensa di conoscermi solo perché mi vede in tivù, in realtà non conosce quasi nulla di me.