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Andrea Orlandi: «Gli atleti devono incarnare l’identità e i valori del club per cui militano»

di Annarita Cacciamani
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È il patron della Fulgor Basket Fidenza, storica società di pallacanestro fidentina, che attualmente milita in serie C Gold supportata da un settore giovanile in continua crescita. Manager della nota azienda di moda Pinko, Andrea Orlandi (classe 1980) è un uomo di sport che da sempre pone una grande attenzione alla comunicazione. Per far capire quello che la Fulgor è e sarà in futuro.

Il nostro mondo non è solo sport, ma educazione, scuola, sociale, territorio.

 

Andrea, da sempre sei un uomo di sport. Come nasce la tua partecipazione alla Fulgor Basket Fidenza, società di cui da qualche anno sei presidente?

Ho giocato a rugby per circa 20 anni e per 7 o 8 anni sono stato professionista con il Rugby Noceto, una società strutturata. In quel periodo ho osservato dal lato dell’atleta come funzione una società sportiva e questo mi ha aiutato a farmi delle basi. Non ho mai giocato a basket e mi sono avvicinato alla Fulgor per la passione dei miei figli. Nel 2014/2015 ho iniziato a dare una mano al gruppo dirigente che aveva preso in mano la società, dopo un fallimento. Ho trovato persone competenti ed appassionate, con principi sani. Così nell’aprile 2018 sono diventato presidente.

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Ultimamente la Fulgor è cresciuta molto. Quali altri progetti avete per crescere ancora?

Il grande passo in avanti lo abbiamo fatto 3 anni fa con l’apertura della foresteria e iniziando a fare scouting in tutto il mondo. A livello sportivo siamo cresciuti tanto, soprattutto nel settore giovanile per preparare giovani da portare in prima squadra e stiamo lavorando anche per far crescere il settore femminile. Fulgor però non significa semplicemente giocare a basket. C’è tanto intorno. Sono particolarmente orgoglioso di aver sostenuto e caldeggiato la nascita – presso l’istituto di istruzione superiore Paciolo D’Annunzio di Fidenza – dell’indirizzo di studi in Management sportivo. Penso sia importantissimo per far conoscere ai ragazzi cosa è lo sport e dare loro un background che possa essere utile nella loro vita. È un messaggio che vogliamo dare in questo periodo: lo sport come scuola ed educazione.

La pandemia ha causato enormi difficoltà allo sport. Come state affrontando questo periodo? I social vi hanno aiutato a mantenere il rapporto con pubblico, sponsor e iscritti durante il lockdown?

Fisicamente durante la pandemia abbiamo fatto tutto ciò che la legge consentiva. Abbiamo utilizzato molto i social. Per le comunicazioni di servizio, per mantenere i contatti con il pubblico e i ragazzi, ma anche per dare messaggi positivi. Abbiamo fatto donazioni al nostro ospedale di Vaio e lo abbiamo raccontato sui social e attraverso la stampa. Abbiamo fatto vedere, anche agli sponsor, che Fulgor è molto di più di una semplice partita di basket. Ciò ha cementato ancora di più il nostro gruppo.

Tu non sei presente sui social, ma al contrario sei molto presente sulla stampa locale. Fulgor invece è molto attiva sul web e presente sul territorio con varie iniziative. Come gestite la comunicazione della società? Quali canali privilegiate?

Non sono molto attivo sui social perché non sento il bisogno di apparire in continuazione. Ritengo invece molto importante la presenza sulla stampa locale per raccontare in prima persona il mondo Fulgor, fatto, come dicevo, non solo di sport, ma anche di educazione, scuola, sociale, territorio. Per quanto riguarda la comunicazione sui social di Fulgor sono invece maniacale. Il nostro target di riferimento sono i giovani tra i 13 i 20 anni e quindi non possiamo assolutamente trascurare questi mezzi. A breve faremo anche alcune sessioni con un social media manager per educare i nostri ragazzi ad un corretto uso di questi strumenti. La nostra comunicazione racconta naturalmente la parte sportiva ma cerchiamo di coinvolgere facendo vedere quello che siamo. Raccontiamo la nostra attenzione al green, al territorio, al sociale. Cerchiamo di fare vedere che non siamo una squadra di basket come tutte le altre, ma siamo qualcosa in più. Vogliamo differenziarci dagli altri.

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Gli sponsor sono importantissimi per una squadra sportiva. Comunicare bene può aiutare a trovare nuovi sponsor?

Uno sponsor che vede che facciamo donazioni all’ospedale non può che esserne orgoglioso. Attraverso la nostra comunicazione mostriamo che Fulgor va al di là del semplice progetto sportivo: lo ritengo interessante e un valore aggiunto per potenziali sostenitori.

Usciamo dal progetto Fulgor. Gli sportivi professionisti ormai sono delle superstar. Attive sui social, presenti in tv e testimonial di tanti marchi. Pensi che questa iper-esposizione mediatica sia positiva o possa finire con il veicolare un messaggio negativo, a scapito di valori come l’impegno e il sacrificio?

I social sono uno strumento potentissimo ma, come tutte le cose, sono fatti dalle persone. Ci sono sportivi, penso ad esempio a Cristiano Ronaldo, che sono “macchine da soldi” e certi atteggiamenti vengono esasperati. Bisogna essere bravi a veicolare i messaggi giusti e ritengo che le società debbano dare linee guida ai loro tesserati in modo che si veicolino messaggi positivi. Se fai parte di una società che vuole trasmettere determinati valori, tu li devi incarnare e comunicare, soprattutto se hai milioni di follower. Diventa una questione culturale. Ci sono tanti esempi virtuosi: penso a LeBron James che vediamo sempre in mezzo ai ragazzi e impegnato nel sociale. La leggenda della Nba non ha dimenticato le sue umili origini: con la sua fondazione promuove l’istruzione e l’assistenza sociale, dando un notevole aiuto a bambini e ragazzi meno fortunati della sua città natale, Akron, in Ohio.

 

Annarita Cacciamani

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