Chissà se quando ha costruito la sua prima stampante 3D – a soli 17 anni – nella sua cameretta, Alessio Lorusso – amministratore delegato e fondatore di Roboze – aveva immaginato di poter arrivare ad avere un’azienda. E non un’attività a conduzione familiare o una piccola PMI, ma un’azienda che oggi ha due sedi, una a Bari e una a Houston (Texas) e produce le stampanti 3D più precise al mondo.
Le persone fanno fatica a seguire un’azienda, la sua evoluzione, il suo percorso. Per questo hanno bisogno di identificarla in una persona, nel suo fondatore o in chi la rappresenta.
In pochi anni ha visto la sua vita cambiare e la sua azienda decollare, anche molto velocemente. Forbes l’ha inserito tra i trenta manager europei under 30 più promettenti per la categoria “Industry” e vende i suoi prodotti persino alla difesa americana. Com’è cominciato il suo percorso?
In maniera del tutto naturale. Certo non avrei mai immaginato tutto quello che sarebbe accaduto, ma ho sempre avuto fiducia e non mi sono mai arreso. Quando ho creato Roboze, nel 2015, ho lavorato duramente e insieme al mio team abbiamo raddoppiato il fatturato anno dopo anno. Ma il successo è venuto col passaparola, che ha attirato importanti investitori e ha permesso il raggiungimento di grandi obiettivi.
In questo percorso la sua figura ha avuto un ruolo indispensabile però…
La mia storia ha inevitabilmente attratto la stampa e io l’ho sempre raccontata in modo del tutto spontaneo. Non mi sono mai preparato per un’intervista e ancora oggi non ho nessuno che curi i miei social o in generale la mia comunicazione. Tutto quello che è venuto fuori è stata una reazione a catena da parte dei giornali, un voler raccontare una storia di successo di un ragazzo così giovane con un sogno così grande.
Oggi di cosa si occupa Roboze?
Al momento siamo concentrati su quattro ambiti: energia, aerospazio, future transportation e medical device. Sono quattro sfide che abbiamo raccolto e che pian piano stiamo portando avanti. Dalle attrezzature per ricavare fonti di energia, a mini satelliti e componenti super leggeri per lo spazio, dalle applicazioni ad alto raggio di efficientamento energetico a utensili chirurgici personalizzati e in grado di adattarsi al paziente.
C’è un team o una persona dedicata a curare le PR aziendali?
Sì, c’è un team marketing che si occupa della comunicazione corporate, di branding e di raccontare tutto quello che facciamo. Abbiamo un’agenzia per gli aspetti più tecnici come le campagne, ma nessuno che curi solo ed esclusivamente le PR. Da quando siamo presenti negli Stati Uniti, però, ci siamo accorti che qui funziona in modo diverso e che non puoi affidarti al caso o sperare che un giornale ti conceda un’intervista per farti conoscere.
Non siamo che una delle centinaia di aziende che lavora in questo settore, infatti abbiamo deciso di affidarci a un’agenzia specializzata in public relations per rendere solido il nostro brand anche negli States e che faccia conoscere la nostra realtà a quanti più investitori e clienti possibili.
In che modo cura personalmente la sua comunicazione?
Credo che lo storytelling sia parte integrante del lavoro di un imprenditore. In fondo noi comunichiamo ogni giorno: parliamo con gli investitori, ci interfacciamo con i nostri dipendenti, interloquiamo con i clienti. Tutto questo credo sia propedeutico alla crescita dell’azienda. Almeno per me è stato così, e penso che continuare a raccontare la storia di Roboze sia fondamentale, anche per attrarre nuovi acquirenti.
Ha partecipato a molti eventi importanti e recentemente era tra gli speaker italiani di Tech Week insieme ad alcuni dei più illustri imprenditori del mondo. Come seleziona le convention cui partecipare?
Da quando è nata Roboze sono stato invitato a partecipare a migliaia di eventi. Nel tempo ho dovuto fare una selezione e non a tutti partecipo in prima persona. A quelli più tecnici, ad esempio, partecipano i componenti del mio team, gli ingegneri o gli scienziati. Se invece un evento mi permette di arrivare alla gente, di incontrare altri imprenditori che potrebbero essere interessati a quello che faccio, allora ci vado personalmente. Non si tratta di ego, ma voglio che la mia azienda sia conosciuta ovunque nel mondo.
Il Tech Week, ad esempio, è stato un evento con una mediaticità enorme, il più rilevante a cui abbia partecipato negli ultimi due anni. Mi ha permesso non solo di parlare di Roboze, ma di imparare tantissimo da tutti gli altri imprenditori presenti. Un bellissimo momento di confronto, di crescita personale.
Cos’è per lei il personal branding?
Su questo non ho dubbi: impersonificare e comunicare i valori, la mission della propria azienda. Quando rilascio un’intervista o parlo durante un evento, faccio da megafono a tutto quello che rappresenta Roboze. Penso che sia fondamentale, che sia parte integrante del lavoro dell’imprenditore. Anche perché le persone fanno fatica a seguire un’azienda, la sua evoluzione, il suo percorso. Per questo hanno bisogno di identificarla in una persona, nel suo fondatore o in chi la rappresenta. Ed è quello che cerco di fare quotidianamente.