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Differenziarsi con nuove idee: la WeShort di Alessandro Loprieno è la Netflix dei cortometraggi

di Mariateresa Totaro
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«Ho sempre avuto la passione per il cinema. Quando mio padre mi portava in Irpinia con lui perché lo aiutassi in pescheria, alla prima occasione sgattaiolavo via e correvo in edicola a leggere le riviste di cinema. Oggi posso dire di aver coronato un sogno».

Se state pensando che “il sogno” fosse diventare un attore famoso, siete fuori strada. A raccontare la sua – bellissima – storia è infatti un giovane ragazzo pugliese, divoratore di film, che ha fondato quella che viene definita la Netflix dei cortometraggi.

Dopo un percorso partito da un mondo apparentemente lontano, Alessandro Loprieno è a capo di WeShort, la prima piattaforma di cinema breve, dove si possono trovare centinaia di cortometraggi, film e serie Tv provenienti da tutto il mondo, della durata media di 15 minuti, disponibili in italiano e in lingua originale.

Com’è nata questa idea?

La mia storia parte da lontano. A 22 anni, durante gli studi universitari in Lingue, sono stato selezionato e assunto da Ryanair come assistente di volo. Ho lavorato con loro per nove anni, vivendo in diverse città, in particolare Madrid. La parlantina non mi è mai mancata, tanto che sono stato definito “mister Gratta e Vinci”, perché grazie ai miei mini-show riuscivo a venderli a tantissimi passeggeri. Osservare i viaggiatori mi ha dato uno degli spunti per avviare la mia start up.

In che modo?

Io adoro il cinema, ricordo a memoria nomi, registi, dettagli di migliaia di film. Ne sono praticamente ossessionato sin da quando ero bambino. E ogni volta che vedevo i viaggiatori con la testa china sui cellulari a guardare dei film mi sentivo male. Per me un film va visto al cinema, stop. Non esiste nemmeno guardarlo in televisione, figurarsi il cellulare. Così ho pensato che forse sarebbe stato più comodo guardare un cortometraggio, che un intero film, su un supporto come il tablet o lo smartphone. Ma non esisteva una piattaforma che li raccogliesse e li rendesse fruibili. Da qui è nata l’idea di WeShort.

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Un progetto così, è complesso da realizzare. Come ha cominciato?

Vengo da una famiglia normale e sono l’unico ad aver frequentato l’università. Non avevo alle spalle un patrimonio su cui contare, per questo ho sempre studiato e lavorato. Anche quando ero in Ryanair facevo mille altri lavori, non mi fermavo mai e sono riuscito a mettere un po’ di soldi da parte. All’inizio ho investito i miei risparmi e poi sono stato aiutato anche da mio padre e mio zio, che hanno creduto in me.

Che lavori ha fatto prima di diventare imprenditore?

Qualunque cosa, davvero. E ogni esperienza mi è servita. Ho fatto le comparse nei film quando vivevo in Spagna, mi chiamarono anche per “La Casa di Carta” ma non ci andai perché preferì il set di un altro film che si girava in quel periodo. Poi ho venduto macchinette del caffè, polizze assicurative, ho fatto il consulente finanziario, ho frequentato il mondo della tecnologia e dell’innovazione. Vendere polizze, ad esempio, mi ha insegnato la gestione del rischio. Il mondo della tecnologia invece mi ha aiutato a far nascere WeShort, perché mi ha permesso di portare nel cinema qualcosa di innovativo.

Quando le si è accesa la lampadina?

Come ho detto, sono sempre stato un grande osservatore del mondo, dei comportamenti umani. Un giorno ero al cinema da solo, come spesso facevo, e ho pensato: ma perché non ho mai dato credito ai cortometraggi? Perché non li ho mai considerati? Ho pensato che la breve durata di questi prodotti fosse perfetta per chi deve guardarli in aereo, ad esempio, o in giro dal cellulare.

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Photo: Caleb Heymann

Oggi WeShort ha avviato il secondo aumento di capitale con un finanziamento del partner Network Contacts, un importante risultato che mostra come l’azienda si stia espandendo. Come ha portato all’attenzione dei media la sua storia?

Su Facebook ho sempre parlato di cinema e scrivevo recensioni. Avevo anche una mia pagina – che si chiamava Cinema 09 – dedicata proprio all’innovazione del settore cinematografico. Quando ho cominciato a raccontare di WeShort ho raccolto subito grande interesse. I giornalisti mi chiedevano di scrivere la mia storia e di inviargliela. All’inizio l’ho fatto, ma poi ho capito che mi serviva una mano.

In che modo ha curato il suo personal branding?

Appena ho potuto permettermelo, mi sono dotato di un addetto stampa e media relation perché sono convinto che per crescere sia fondamentale delegare. La comunicazione, poi, va fatta seguire da chi se ne intende, non ci si può improvvisare. Bisogna sapere cosa comunicare, come e quando.

Quando deve rispondere alle interviste o incontrare i media, come si prepara?

Non mi preparo mai. Capita di essere più rilassato o più tesi ma in generale sono sempre felice di raccontare la mia storia a tutti. Sono però un eterno studente: di cinema, economia, tecnologia, finanza. Non smetto mai di aggiornarmi, ma non mi sento un guru. Parlo di quello che so e che ho realizzato, e ne sono orgoglioso.

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Come si sente oggi?

Oggi, insieme a me, lavorano 35 persone. Faccio quello che ho sempre sognato, lavoro con le persone che ho scelto di avere al mio fianco e sono felice. Non ho esattamente tutto quello che vorrei, ma sono davvero grato per quello che ho.

 

Mariateresa Totaro

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